Berlinguer: «Ora si apre una nuova strada anche a sinistra»
Il vecchio leader, candidato del correntone a Pesaro, lascia. «Costruiremo un nuovo soggetto, che vuole cambiare e governare»
di Bruno Gravagnuolo / Firenze
IL DISTACCO «Turbato, ma non rassegnato». Così, nel momento del distacco dai DS si autodefinisce Giovanni Berlinguer, 83 anni,già dirigente storico del Pci,
candidato segretario al Congresso di Pesaro del 2001, e oggi eurodeputato Ds nel gruppo del Pse. Tutta una vita in quel partito e una storia mai interrotta, nemmeno dopo il 1989, con la nascita del Pds. Ma adesso quel lungo cammino si interrompe. E con Berlinguer parliamo del suo "non possumus" malgrado gli appelli a restare, intriso di emozioni ma sereno. La sua idea è: in fondo questo crinale è "un' opportunità". Per chiarire, e costruire qualcosa di diverso "alla sinistra del partito democratico". Per salvaguardare il paese, dalla destra e dal rischio del declino. Poi un giorno si vedrà chi aveva ragione, ma intanto occorre governare insieme
Berlinguer, come vive questo addio politico?
«Non è un addio e può essere anche un arrivederci. Inevitabilmente lo spostamento dei Ds verso una forza più ampia e moderata implica la possibilità della creazione di un'altra forza alla sua sinistra, che sia anche sua alleata. Intanto il clima generale di questo congresso non è stato quello di una rottura clamorosa e aspra».
Lei parla di arrivederci. Vede l'eventualità di ritornare insieme in una stessa formazione politica?
«Non faccio il profeta, chissà. Ma ora ci sono due processi avviati contemporaneamente, da forze che fanno parte di una medesima coalizione. La carenza maggiore in questo momento è semmai il profilo dell'Unione. E temo che concentrare tutti gli sforzi sulla creazione del Pd, possa distoglierci dall'impegno di rafforzare la coalizione e consolidare l'attività di governo ».
Qual è il punto politico e programmatico dirimente che le ha impedito di riconoscersi nel Pd?
«Per ora è solo un'operazione di vertice, come tutti riconoscono. E ciò, malgrado i discorsi sulla Costituente, sulla società civile e su “una testa e un voto”. Un'operazione pilotata dall'alto, senz'anima, né anelito ideale o alone di consensi. Tra i contenuti che mancano, segnalo la questione morale. Senza la questione morale al centro, non può esservi oggi partecipazione vera. Così come non può esservi partecipazione senza raccogliere le spinte dei movimenti sulla pace, sui diritti civili e sociali, sul lavoro, sulla legalità, sui Dico. Tutte cose spesso considerate un disturbo dalla “politica alta”, e la cui marginalizzazione ha reso la politica separata e più povera».
Dunque, lei non vede vivificato il progetto del Pd da una vera spinta civile di massa
«Non è che non la veda. Quella spinta non c'è».
Restiamo ai contenuti. Al lavoro ad esempio. Si passa da una sinistra del lavoro da liberare, a una sinistra dell'individualismo solidale. Quanto pesa questo aspetto per lei?
«Senza dubbio il lavoro, e non solo quello operaio, ma anche quello dei servizi e della conoscenza, sbiadisce nell'orizzonte del Pd. E ciò, malgrado l'Italia sia uno dei paesi più sindacalizzati del mondo. Tuttavia non v'è rappresentanza politica adeguata del lavoro, sebbene il Ministro del lavoro stia svolgendo un'opera egregia. Manca un disegno preciso, un asse progettuale che metta al centro il lavoro e i lavori nella società italiana, adeguata al peso che tale dimensione, pur in forme nuove e variegate, ha assunto.»
Veniamo alla laicità e al socialismo europeo, due punti critici e indecisi nell'impianto del Pd...
«Sul primo punto, basta fare il confronto sugli applausi al Congresso. Tutti quelli che hanno insistito sulla laicità, hanno avuto battimani clamorosi. Viceversa il tono della relazione introduttiva e quello degli interventi ufficiali è stato molto meno esplicito, e a ciò si aggiunge la “campana” di Rutelli da Roma. È chiaro che questo sarà un punto di estrema frizione dentro il Pd. Quanto al socialismo europeo, c'è una forte reticenza. La collocazione naturale di una forza di centrosinistra come il Pd, non può che essere il gruppo socialista europeo. Invece la posizione della Margherita è: collaboreremo ».
Come finirà in Europa? Doppia appartenenza, seggi divisi, un nuovo gruppo federato al Pse?
«La confusione è tale che nessuno è in grado di dire come finirà. Eppure è ovvio che la sinistra che conta in Europa sta nel Pse. Certo, c'è l'esigenza di rinnovare, ampliare e uscire dagli schemi classici, al di là delle vittorie conseguite dai socialisti europei, tra cui quella di aver addomesticato gli spiriti animali del capitalismo con il welfare. Ma qualsiasi rinnovamento non può prescindere dalla collocazione nel socialismo continentale. E ogni doppia collocazione non è sostenibile»
E ora, cosa c'è dopo la vostra fuoriusciuta dai Ds? Un cantiere da Boselli a Bertinotti?
«Intanto c'è una vasta area di delusi dai Ds, negli ultimi anni. E moltissime associazioni, movimenti ed esperienze tematiche, che guardano a sinistra. Inoltre ci sono i partiti alla sinistra del futuro Pd. L'esigenza maggiore è aggregare queste forze, e raccogliere le aperture convergenti che vanno da Boselli, a Di liberto, a Bertinotti e Giordano, garantendo che esse corrispondano a una volontà effettiva. Nonché a una linea politica responsabile, in funzione del governo dell'Italia. C'è una responsabilità nazionale a cui adempiere, in un momento di gravi rischi per il paese. E dunque la nuova forza di sinistra non potrà né dovrà avere un carattere massimalista o estremista"».
Ma questa sinistra che identità avrà? E quali confini?
«Una forza di sinistra democratica, che includa gli ideali aggiornati del socialismo, ma che sia anche più ricca. Ricca di elementi che il socialismo non aveva incluso nel suo bagaglio. Per esempio il destino del pianeta, l'ambiente, la differenza femminile, l'individuo e il ruolo della conoscenza dentro la riproduzione economica. In sintesi, vi sono due costituenti politiche simultanee. Una più moderata, quella del Pd, e l'altra più a sinistra, tutta da costruire ma necessaria Ecco, mi auguro che abbiano successo entrambe».