Gavino e Fabio non sono soli Il segretario fa l'ultimo appello e in Parlamento si trova a -30
ROMA — «Cerchi Angius?», ti chiedono all'ufficio stampa dell'Ulivo. Tutti cercano Gavino Angius: i cronisti politici per capire, i portaborse per regolarsi, i capi e i capetti del futuro Partito democratico per dire che gli dispiace, non se l'aspettavano, dopo Mussi un altro compagno di rango che si ferma, saluta, se ne va. La cosa sorprendente è che in tutti i ragionamenti si parli spesso solo di Mussi e di Angius e si affronti insomma la faccenda come se questa scissione, questa storia di lacrime e addii, non riguardi almeno altri dieci senatori e oltre ventidue deputati.
C'è un elenco preciso. Ci sono i nomi e i cognomi. Il foglietto lo tiene in tasca un deputato diessino, uno che fino a un mese fa avremmo detto che stava nel «correntone», «ma adesso mi sa proprio che dovrete prepararvi a qualche altra definizione». Di buon umore, quasi allegro. «Vuoi sapere chi siamo?». L'elenco completo. «Senatori e deputati che non entreranno nel Partito democratico?». Senatori e deputati. «Ecco qui, tieni, leggi...».
I senatori sono dieci. Giovanni Battaglia, Giovanni Bellini, Paolo Brutti, Piero Di Siena e poi Guido Galardi, Nuccio Piovene, Giorgio Mele, Silvia Pisa, Massimo Villone e Cesare Salvi, che a onor del vero già da qualche settimana passeggiava nei corridoi di Palazzo Madama, dicendo: «Il giorno che Fassino&company faranno l'appello, ho l'impressione che resteranno a bocca aperta dallo stupore...».
Accanto a quello dei senatori, sul foglietto, c'è un altro elenco, ed è ancor più lungo: è quello dei deputati e bisogna ammettere che alcuni di loro sono nomi assai noti al popolo della sinistra, sono nomi di compagni e compagne che hanno dato la voce, che hanno messo il cuore in molte battaglie. C'è, ad esempio, Fulvia Bandoli, sinistra ecologista, una che ancora poche sere fa era ospite in tivù, su La7, nella trasmissione di Gad Lerner, e stava lì a cercare di spiegare le ragioni del suo dissenso e si capiva dallo sguardo, oltreché dai suoi sospiri, che sperava in un congresso diverso, più accomodante e meno netto, meno definitivo. Poi ci sono Lalla
Trupia e la bolognese Katia Zanotti, che a Vicenza si stanno battendo contro la costruzione della nuova base americana e che stanno tra la gente, che sono riconoscibili dalla gente, e che quindi portano consensi, e voti. «Leggi questi altri tre nomi...». Il dito indice del deputato sul suo foglietto. Sui nomi di Gloria Buffo, Titti Di Salvo e Olga D'Antona. «Perdono anche una come la Titti, sindacalista, donna che conosce il lavoro e le fabbriche... è un colpo duro, dammi retta, saranno costretti ad ammetterlo anche loro».
Ancora nella lista degli scissionisti: Valdo Spini, Carlo Leoni, Marco Fumagalli, Antonio Attili, Raffaele Aurisicchi, Massimo Cialente, Giovanni Farina, Massimo Fiorio, Angelo Maria Lomaglio, Claudio Maderloni, Massimo Nicchi, Luciano Pettinari, Alba Sasso, Arturo Scotto, Antonio Rotondo. «E non dimenticarti di ricordare che, giusto alla vigilia del congresso di Firenze, se ne era già andato anche Aleandro Longhi...».
Se è per questo, allora, suggerisce Alberto Nigra, portavoce della terza mozione di Gavino Angius, «allora forse non andrebbero dimenticati neppure compagni come Giuseppe Caldarola, che si sono già congedati...». Nigra aggiunge che il senatore Massimo Brutti, l'europarlamentare Mauro Zani e Sergio Gentili, che pure avevano firmato la terza mozione, «resteranno invece con i Ds e confluiranno nel Pd». Non come il deputato Fabio Baratella, che non sembra intenzionato a cambiar idea, che sembra pronto a seguire Angius, o come il senatore Accursio Montalbano che viene dato in pausa di riflessione o come il deputato Franco Grillini che, con voce un poco imbarazzata, chiede: «Ecco, quanto a me... può scrivere che sono uno un po' lento a prendere le decisioni?».
Gira voce che molte di queste decisioni un po' sofferte siano anche rallentate da numerose telefonate. Il tono delle telefonate ve lo potete immaginare. Dentro — ci è stato raccontato — c'è un po' di tutto: mozioni di affetto, vecchi debiti di riconoscenza da saldare, piccoli ricatti politici. Le falangi dei potenti capi diesse (fassiniani, veltroniani, dalemiani) per una volta, stanno lavorando tutte insieme.
Occorre riferire che Fabio Mussi, superate le ore dell'emozione, dello stordimento, del purissimo dispiacere — «quasi fisico...» — non se ne sta di certo immobile. Anzi. Egli è convinto che i circa 70 mila militanti che hanno preferito le due mozioni alternative a quella della segreteria, «siano destinati ad aumentare con il tempo, giorno dopo giorno: basta dargli il tempo di comprendere cosa sarà, realmente, il Pd...». Ed è proprio ragionando su questo notevole bacino di voti che sta cercando di convincere altri esponenti diessini, a Palazzo Madama e a Montecitorio, a passare con lui, a stare con lui.
Ci è stata sottolineata quella che, a un primo esame, potrebbe rivelarsi una solenne banalità: se fino a ieri pomeriggio era il solo Fabio Mussi a impegnarsi nella campagna acquisti, da questa mattina avrà al suo fianco anche Gavino Angius. Ma non è una riflessione scontata. Lo sanno bene al Botteghino. Lo sanno Fassino e Veltroni e anche D'Alema. Perché non sono pochi i senatori e i deputati che conoscono Angius, e che lo stimano, e che potrebbero subire perciò, nei prossimi giorni, il fascino del suo rigore politico.
Ma secondo questi, è meglio un partito democratico fatto solo da Fassino e Rutelli, o un partito democratico cui partecipano (e se partecipano, dannazione, potranno anche dire la loro) Mussi, Salvi e Grillini?
Insisto, sono le inutili scissioni che sposteranno il PD al centro.
Poi, francamente, sentir parlare di rigore politico in questo gioco di poltrone fa un po' ridere.
Il pd porterà via dalla sinistra d'alema, fassino, violante, della torre, finocchiaro, turco e tanti altri vecchi comunisti, liberando il campo per la costruzione di un movimento fatto da persone di sinistra nuove e da compagni che invece di andare da vespa, andavano a dare sostegno alle battaglie dei lavoratori e dei cittadini!!
Anche in rifondazione è ormai finita l' era bertinotti: le minoranze comporranno il loro gruppetto estremista (che serve sempre alla causa) e i rifondaroli confluiranno con il pdci e i verdi di cento in un nuovo movimento, che già ha una linea politica: la laicità, appoggiare i movimenti dei cittadini di protesta, la lotta alla mafia, lotta al precariato e alla deriva dell' oligarchia politica.
Grazie Fassino, levandoti dalle palle sei riuscito a rigenerare la sinistra italiana!!!
speriamo jello!
anzi me lo auguro proprio.
Le carte scoperte allora? Finalmente...