"Superstipendi? Se abbiamo sbagliato rimedieremo"
Borghini l´uomo d´oro di Palazzo Marino
di RODOLFO SALA
A Palazzo Marino è quello che guadagna di più: 279.540 euro l´anno, che saranno pure lordi, ma sono sempre una bella sommetta. Come direttore generale, Piero Borghini è anche il primo esecutore della riorganizzazione della macchina comunale introdotta da Letizia Moratti, con l´assunzione di una pletora di dirigenti dall´esterno, cioè fuori organico. «Se abbiamo commesso degli errori - è la sua unica dichiarazione di giornata, e non sembra poi così granitica nel difendere la rivoluzione fortissimamente voluta dal sindaco - verranno corretti».
Per il resto no comment: «Ci sono due inchieste aperte a seguito di due esposti: quella della Procura, che ci ha mandato la Finanza in Comune, e quella della Corte dei Conti, prima di parlare bisogna aspettare le conclusioni delle indagini».
Stop. Prudenza. Forse perché anche lui, il primo dipendente del Comune di Milano, è stato preso da fuori, con uno di quei contratti esterni che per legge non devono superare il 5 per cento della dirigenza. Fino a un anno fa faceva l´assessore di Formigoni, che lo esibiva come fiore all´occhiello di una giunta «aperta al riformismo». Nel 2005 il governatore gli aveva trovato addirittura un posto nel suo listino: elezione garantita, niente preferenze, Borghini ancora adesso fa il consigliere regionale, iscritto al gruppo di Forza Italia. Stipendio 8mila euro al mese, che si somma a quello di city manager. Un posto d´oro, quest´ultimo, arrivato dopo la trombatura di Borghini alle elezioni comunali, dove si era inutilmente candidato nella lista Moratti (lì si che c´erano le preferenze).
Il doppio incarico fa storcere il naso all´opposizione. Ma per lui - il comunista di destra che alla fine degli anni Ottanta entrò in rotta con il suo partito, il migliorista che Craxi nell´inverno del ‘92 impose come sindaco di Milano per un anno, prima del crollo di Tangentopoli - il problema non esiste. E infatti alle accuse della capogruppo dell´Ulivo Marilena Adamo, che gli rimprovera di non essersi dimesso dall´incarico in Regione, Borghini non vuole neppure rispondere. Vale quello che dice sempre in privato: «Queste considerazioni sono contrarie al principio della democrazia, altrimenti nessun eletto in una istituzione potrebbe fare, come invece avviene in moltissimi casi, il dirigente in un´altra amministrazione pubblica».
E poi, che diamine, il bel gesto Piero lo ha fatto, come raccontano i suoi amici. Insomma: il suo predecessore (Giorgio Porta, direttore generale con Albertini) guadagnava 100mila euro più di lui. Ed è stato lui, Borghini - sono sempre gli amici a parlare - a non pretendere quello che era stato concesso a Porta. Anche perché quei 100mila euro in meno corrispondono allo stipendio annuo da consigliere regionale. L´ex sindaco diventato direttore generale, dunque, si sarebbe accontentato di poco. Una rinuncia esibita come ulteriore prova di signorilità da questo politico che con lo stesso aplomb inglese reggeva le sorti della federazione del Pci di Brescia e l´ufficio di corrispondente dell´Unità da Londra, dove conobbe la moglie inglese, Jeannette, che gli ha poi dato due figli.
I compagni di una volta, anche quelli che gli erano più vicini, ne scolpiscono ritratti al curaro, che sottolineano, diciamo così, la spiccata propensione di Piero nel garantirsi una vita non di stenti. Basti citare quello che tempo fa ebbe a scrivere di lui Emanuele Macaluso, storico dirigente della destra picista: «Borghini? Migliorista, riformista, forzista... Ma sempre con l´autista».
Da Repubblica cito anche l'inchiesta sul ministro Pecoraro Scanio e sul repentino cambio di partito dei direttori dei Parchi Nazionali e delle nomine non certo meritocratiche fatte dal nostro ministro dell'ambiente.
http://www.repubblica.it/2006/a/rubriche/piccolaitalia/parchi-verdi/parchi-verdi.html
La cosa pubblica in Italia fa schifo.