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«Ma io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare» (Francesco Guccini)
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Alberto Biraghi
Mio fratello è figlio unico
Non fatevi fuorviare dal genio surreale del recentemente riscoperto
Rino Gaetano. Daniele Luchetti usa, infatti, il titolo dell'omonima canzone come pretesto per dipingere il più bel ritratto del rapporto tra fratelli che sia apparso sul grande schermo da dieci anni a questa parte, perlomeno nell'ambito - sempre più involuto e tristino - della cinematografia italiana.
Mio fratello è figlio unico è, nonostante "occhi verdi" Scamarcio che sembra recitare sempre se stesso o giù di lì, un bellissimo film in cui la politica è protagonista ma non stucca e, cosa ancor più importante, mette da parte l'intento didattico. Il che è, probabilmente, l'unico modo autentico e valido per trasmettere un messaggio. Passi la storia d'amore troppo insistita tra il bello e la francesina compagna. Passino alcuni momenti eccessivi come quel Beethoven con le parole cambiate.
Passi anche una certa indulgenza da videoclip in un paio di sequenze. Nel complesso, siamo di fronte ad una prova evidente che il cinema di qualità italiano esiste ancora. Specialmente quando si evita di cadere nella trappola "volgarità gratuite e tette al vento" che tanto piace ai produttori nostrani (perchè "fa guadagnà li sordi ar botteghino"). Luchetti dipinge, con eleganza e brio, un ritratto degli "ultimi" che sarebbe piaciuto persino a Pasolini. Menzione d'onore per Zingaretti (anche se ci vorrà altro per farsi perdonare l'orrenda marchetta nel
gastro-film della Izzo) nella parte del fascio-venditore di tovaglie e per l'incredibile Elio Germano (ed il suo piccolo alter ego, l'attore bambino da tenere presente) che, negli USA, sarebbe stato già definito il giovane Sean Penn. Film da vedere assolutamente e sito, ricchissimo di contenuti e ben progettato, da navigare con gusto. Correte al cinema!
genere: politico-romantico
consigliato: a tutti
sconsigliato: agli amanti dei film d'azione
In collaborazione con Binario Loco