Le contraddizioni dei difensori dell'italianità
TELEFONI E POLIZZE
di Mario Monti
Ci volevano le parole di un francese, candide e cartesiane, per far capire agli italiani come può funzionare in concreto la difesa dell'italianità. Le dichiarazioni che Antoine Bernheim, presidente delle Generali, ha fatto sabato all'assemblea del gruppo sono state riportate dalle cronache. Ma meritano di essere «conservate», come raro esempio di squarcio su conversazioni che in genere si preferisce non far risultare.
«Quando mi ha telefonato il ministro Tommaso Padoa-Schioppa sulla vicenda Telecom, gli ho detto che il nostro oggetto è fare assicurazioni e non telefonia. Ma che se ci fosse stata un'azione collettiva con un intervento generale a favore dell'italianità, noi ci saremmo stati in qualche modo. E speravo che, se malauguratamente ce ne fosse bisogno, il governo sarebbe stato pronto a intervenire per difendere l'italianità delle Generali».
Nella conferenza stampa successiva, Bernheim ha aggiunto: «Nessuna pressione. Il dottor Padoa-Schioppa mi ha telefonato come ha fatto con tutte le società interessate alla vicenda Telecom per sapere qual era la nostra posizione. Non ci sono state pressioni per un nostro intervento. Quando ho sentito che c'era interesse che Telecom rimanesse in mani italiane, ho detto di sperare che il governo avesse lo stesso interesse che Generali restasse in mano italiana» ( Corriere della Sera, 29 aprile).
Pur interpretato da due personalità degne di grande rispetto, questo scambio di informazioni e di auspici — anche se, come è stato detto, non di pressioni — rivela la distanza che ancora ci separa da un sistema nel quale i pubblici poteri stabiliscono con leggi le regole del mercato; la vigilanza sul rispetto di quelle regole è esercitata dalle autorità indipendenti a ciò preposte e dalla magistratura; ed, entro tale quadro, il governo non interviene nel funzionamento del mercato.
Il ministro telefona a tutte le società interessate alla vicenda Telecom per sapere qual è la loro posizione. I suoi interlocutori comprendono che c'è interesse che Telecom rimanga in mani italiane. Viene delineata un'azione collettiva con un intervento generale a favore dell'italianità. Il presidente delle Generali, l'unico che con candore riferisce di queste conversazioni, ritiene — pur non avendo ricevuto nessuna pressione — che ci sia spazio per unire alla promessa di intervento un auspicio di ritorno. Con spirito cartesiano, lo enuncia così: che il governo sia pronto, se necessario, a intervenire per difendere l'italianità delle Generali, come ha fatto ora per quella di Telecom.
C'è una sola smagliatura, nella logica di Antoine Bernheim. Egli non dovrebbe ritenere che, intervenendo su Telecom Italia, le Generali escano dal proprio oggetto, che consiste nel fare assicurazioni e non telefonia. No, con la buona volontà dimostrata ora al governo, e con le parole con le quali ha accompagnato il gesto, Bernheim ha fatto un'operazione assicurativa. Ha stipulato una polizza contro il rischio di perdita del controllo delle Generali da parte di coloro che oggi le controllano.
Sul Corriere della Sera
del 22 aprile, osservando i comportamenti della politica e delle banche sul mercato, notavo i segni di un'involuzione, quasi di una controriforma di struttura. I fatti più recenti non attenuano quella percezione.
questo andrebbe nella sezione "faccia come il culo".