Ségolène Royal, la sinistra
ringrazia
di Gianni Marsilli
Diceva ieri in un’intervista François Hollande, il segretario del Ps: «All’indomani delle legislative, bisognerà inventare un’altra cosa insieme a tutti i progressisti. Alcuni parlano di assise, altri di rifondazione». Sarà così se Ségolène Royal dovesse vincere, evento del quale il suo compagno non dubita, almeno pubblicamente. Ma la ricomposizione della sinistra sarà a maggior ragione indispensabile se Ségolène dovesse perdere.
La sua candidatura, infatti, tutto sarà stata, ma non una stella cadente. Per quanto sia stato a tratti precipitoso e persino improvvisato, non c’è nulla di effimero nel percorso di Ségolène. Anche se Sarkozy dovesse imporsi, del suo passaggio resteranno tracce profonde. Si può dire senza tema di smentita che per la gauche transalpina c’è un prima e un dopo Ségolène. E che, in ogni caso, nulla potrà essere come prima.
Il primo turno, innanzitutto, ha registrato il dissolvimento della sinistra più radicale. Vale la pena ricordare che cinque anni fa trotzkisti e comunisti sfiorarono nell’insieme il 15 per cento dei voti, e che il «sovranista» socialista Chévenement ebbe il 7 per cento. Il 22 aprile scorso è rimasto in piedi il solo Olivier Besancenot (4,2 per cento), trotzkista molto sui generis, in verità uomo simbolo dei tanti ventenni e trentenni che del mondo del lavoro conoscono soltanto la precarietà e i bassi salari. Gli stessi che un anno fa costrinsero il governo di Dominique de Villepin alla ritirata, quando si opposero in massa al contratto di primo impiego (Cpe). Un’analisi sociologica del voto di Besancenot rivela scarse motivazioni ideologiche, e piuttosto la voglia di manifestare il proprio scontento dando un calcio al formicaio. È rapidamente tramontata anche l’avventura dell’altermondialista José Bové, e i verdi hanno toccato il minimo storico, al di sotto del 2 per cento. Il 26 per cento di Ségolène è un tetto sotto il quale son tornate molte pecorelle smarrite da tempo, oltre ad una base socialista che certamente non supera il 20 per cento. È la prima battaglia che ha vinto: riportare la sinistra al secondo turno, riabilitarne la capacità di rappresentare l’alternativa di governo.
Al Ps incombe quindi la grande responsabilità di essere il pilastro quasi egemone della sinistra, più che la parte più consistente della «gauche plurielle». Non si tratta più di combinare sensibilità diverse, ma di trovare un asse politico e programmatico moderno e coerente. Difficilmente il Ps, dopo Ségolène, potrà continuare ad essere un agglomerato elettorale composto, o meglio scomposto, in tre o quattro correnti. A Ségolène è mancato un solco di riflessione collettiva. Non è stata lei a metabolizzare una nuova cultura politica del partito, è accaduto invece il contrario. L’adeguamento del partito si è fatto nel fuoco della battaglia che lei ha condotto, e alla quale lei ha fornito la direzione e le parole d’ordine. Tra queste, più spesso di altre sono risuonate parole nuove, fino a ieri aborrite: «ordine», «impresa», «centro».
Ségolène ha parlato molto poco di «socialismo». Ha cercato strade nuove, più pragmatiche, sia in termini di contenuti che di alleanze. È stata una battaglia che ha vinto, senza emorragie alla sua sinistra. Nessun Laurent Fabius, domani, potrà accusarla di aver perso per non aver saputo unire la gauche. Lei l’ha fatto, senza nulla concedere alla classica demagogia di quel partito.
Grazie a Ségolène, comunque vada, si apre quindi il grande cantiere del centrosinistra alla francese. È tutto da costruire, beninteso, a partire dalle legislative di giugno. Ma l’ipotesi è sul tavolo, assieme al 18,5 di François Bayrou, e pesa come un macigno. Senza Ségolène i dirigenti socialisti non avrebbero, oggi, il coraggio di constatare pubblicamente che «i programmi nostri e di Bayrou non sono affatto incompatibili». Per il Ps, più che di un mutamento di rotta, si tratta di una trasformazione genetica. O meglio: della consapevolezza di dover cambiare per sopravvivere, pur non sapendo bene che cosa diventare. C’è chi si batterà per una socialdemocrazia «europea» (Dominique Strauss Kahn), e c’è già chi invoca un «grande partito della sinistra» (Henri Emmanuelli). Forse troveranno una forma di convivenza, forse no.
È stata un’altra battaglia già vinta da Ségolène: cominciare a fare, nel giro di qualche mese, quel che non era stato fatto nel corso degli ultimi anni. Ha messo il partito nudo davanti allo specchio, che è la prima condizione per ripartire. Se poi si tratterà di assise o di rifondazione, per dirla con Hollande, si vedrà alla fine della doppia tornata elettorale, presidenziali e legislative.
Ségolène forse perderà la guerra, ma nel frattempo avrà vinto non poche battaglie. Le sue sono state intuizioni, più che ragionamenti consolidati. Ha intuito che l’approccio ideologico, che sia statalista o altermondialista, è cosa del passato. Ha intuito che il pessimismo sociale è fattore di stagnazione, e che i francesi anelano ad avere finalmente meno paure e più fiducia. C’è da giurare che, comunque vada, non si accontenterà di queste intuizioni. La vedremo all’opera nei prossimi anni.
ma che assurdità, ripartono i deliri nostrani sull'Ulivo mondiale. ma come fa la gauche ad allearsi con Bayrou che NON HA PRESO POSIZIONE????? e che sarà COSI' RESPONSABILE DELLA SCONFITTA DI SEGOLENE? ma come si fa a essere così provinciali? si sono bevuti il cervello, completamente, Prodi e Rutelli gliel'hanno tritato e shakerato ben bene e loro se lo gustano contenti con la cannuccia.
ma come, non esaltate più la vs idola?siete i soliti,promovete i soliti tromboni regolarmente trombati...e quando perdono (sempre)non vi ricordate nemmeno chi siano!
Fede, Quando si dice un commento gratuito.
Se uno non può nemmeno fare un'analisi di una campagna elettorale, dove pensiate che possiamo andare?
Bayrou da noi la destra (e i media) non lo vogliono dire, ma è praticamente un prodiano. Per cui.. tout se tient... piaccia o non piaccia e ovviamente ci son volte in cui non mi piace!! affatto!! però non è di destra, e comunque serve.
Carolina
certo che Bayrou conta, non prendendo posizione farà perdere Segolene. e dopo Segolene, secondo gli ulivisti e gli ulivastri nostrani, dovrà andare da Bayrou e dirgli: grazie che hai aperto una prospettiva! adesso scurdammoce o passato e facciamo un partito assieme.
Segolene non ha usato demagogia?
Voi davvero pensate che i centristi voterebbero tutti per lei se Bayrou avesse detto loro di farlo?
Soprattutto, non vi sembra quello della sinistra francese un programma fumoso e di sole promesse?
Io mi chiedo perchè un elettore di centro dovrebbe votare per lei. Per favore ditemi il vostro parere
Pare che il 40% dei Bayrou abbia votato Sarko. Il 38% Royal.
cari tutti io ho solo detto, e ripeto che è l'unica cosa che mi interessa, che manca il passaggio logico. voi pensate che... ecc. non mi importa niente. l'unica cosa degna di nota è che un appoggio è una cosa, un ne' si ne' no è niente, specialmente in politica. e questo niente dovrebbe essere la base per un partito democratico in salsa francese! ma andiamo.