Segò & Sarkò, simbolismo di un’elezione
di Moni Ovadia
Il risultato dell'ultima elezione francese - che verrà ricordato probabilmente con i diminutivi dei contendenti Segò e Sarkò, quasi come un bizzarro incontro di pugilato fra una incantevole signora della sinistra ed un volitivo leader della destra - ha suscitato molti riflessi da fine del Titanic. Molte voci si sono levate ad attribuire a quest'elezione un significato ultimale: il crollo della socialdemocrazia, la sconfitta epocale della sinistra, la sua incapacità di ridefinirsi, l'avvento definitivo dell'era dominata dal centro-destra eccetera. Potrei sbagliarmi, ma ritengo che questa sia stata solo una delle tante elezioni e che, in quanto tale, non determinerà grandi rivolgimenti. Per dirla con le parole del grande storico francese Jaques Le Goff in un'intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, ecco quello che accadrà: «Nulla, perché con Sarkozy le cose resteranno come prima. Avremo cinque anni di immobilismo, senza nessun cambiamento (...) E nonostante tutti gli errori compiuti in passato, sono certo che una volta diventato presidente della repubblica, un uomo come lui saprà darsi una calmata. Incarnerà il ruolo di capo di Stato né meglio né peggio di come l'abbia incarnato Jacques Chirac (...) Il prestigio del nostro paese continuerà a diminuire, sia in Europa sia nel resto del pianeta».
Non è certo quest'elezione che ha segnato il tramonto della socialdemocrazia, la sua stella ha cominciato a volgere al declino ben prima e il suo crepuscolo ha avuto l'avvio con il crollo del muro di Berlino. Stessa sorte è toccata alla nostra Democrazia Cristiana con le sue nobili aspirazioni ad un interclassismo solidale protetto dal debito pubblico. Il socialismo europeo aveva potuto svolgere un ruolo cruciale nell'Occidente capitalista perché un sistema contrapposto e «alternativo» premeva alle sue frontiere e a quelle del suo ex impero coloniale. Ora, quel sistema sedicente socialista, sopravviveva alle sue non realizzate promesse, in una forma burocratico-poliziesca rigida e iniqua. La socialdemocrazia aveva raccolto quelle promesse in chiave riformista e gradualista impegnandosi anche con risultati significativi ad emendare il capitalismo attraverso le politiche dirigiste e lo strumento dello stato sociale. Peraltro la socialdemocrazia, nella sua forma più radicale dello svedese Olof Palme, si proponeva di edificare una società socialista, democratica ma socialista. Il crollo del comunismo, ha decretato il trionfo del capitalismo che, ebbro della propria vittoria, ha travolto gli argini di ogni remora partitica e mediazione «socialdemocratica» e si è espresso nella sua forma più estrema, quella del liberismo selvaggio e dell'anarco-capitalismo come lucidamente ha osservato Ugo Intini nel suo bel libro La privatizzazione della politica: «Con la sconfitta del "Internazionale Comunista" guidata da Mosca, avanza l'"Internazionale Capitalista" guidata dalle leggi del libero mercato. Questa "internazionale" non ha più bisogno di forti sistemi politici per combattere il comunismo. Ha bisogno al contrario di non avere ostacoli politici. I partiti e la politica appaiono perciò sempre più delegittimati in tutto il mondo e vengono in pratica sostituiti dai tecnici dell'economia e del diritto, interpreti delle inviolabili leggi universali del mercato. E portatori, nel nome di queste leggi, di un "moderno autoritarismo”. Il denaro, diventato un valore assoluto, domina così anche la politica. Anzi, alla “privatizzazione dell'economia”, si accompagna silenziosamente la “privatizzazione della politica”, affidata a dirigenti che dicono e fanno tutti sostanzialmente le stesse cose, costruiti dai mass media e da costose macchine di potere fini a se stesse».
Ecco la ragione per la quale la parte maggioritaria dell'elettorato, è una palude di centro-destra facilmente manipolabile dal populismo qualunquista. Ora, sia chiaro, nessuno rimpiange i «bei» tempi andati dei due blocchi contrapposti, ma è ora di aprire gli occhi sulla realtà e smetterla di baloccarsi con le favole edificanti della fine della storia e del buon capitalismo dispensatore di felicità. La sfida che sta davanti al Pd, come davanti alle formazioni alla sua sinistra, è quella di dare senso, dignità e funzione alla politica che le ha perse. Si può progettare un nuovo Welfare declinandolo con un capitalismo sociale come propone Massimo Cacciari o si possono percorrere altre strade, ma è arrivato il tempo di studiare e progettare il futuro. Quanto al capitalismo, non ha più come avversario un elefantiaco sistema burocratico poliziesco vestito da parodia del comunismo, il suo nuovo avversario sono le forze della natura di un pianeta devastato che se ne fanno un baffo dei pompieri apologeti del paradiso iperliberista e iperconsumista.
Lobby e conflitti di interessi e clientele sono i
veri sovrani...in italia dettano legge.
E in Francia no?Il piccolo Nicolas appena promosso capo di stato ha avuto il suo regalo di promozione: una barchetta e quattro giorni di vacanza, da parte dei sui capi/padroni/mandanti i poteri finanziari francesi. Viva la Vème république, viva la Francia...