Roberto Alajmo
Lo scrittore è laconico: «Solo Orlando poteva fare il miracolo a Palermo. L’Unione ha una aderenza alla città pari allo zero»
«Il centrosinistra segue gli stessi riti della destra»
di Enrico Fierro
«Lo ammetto: sono depresso. Sì, questo risultato mette tristezza». Roberto Alajmo, scrittore palermitano una nutrita collezione di bei romanzi e di premi letterari.
Un voto, però, non dovrebbe mai mettere tristezza. È la democrazia bellezza…
«Certo, ma quale democrazia si è espressa a Palermo? Ho letto di brogli e mi accorgo di quanto siano spuntate le armi dell’intellettualità per capire e soprattutto per denunciare. A distanza di quarant’anni siamo costretti a rispolverare l’io so di Pasolini. Io so, ma non ho le prove. So che in questa città c’è un controllo capillare del territorio da parte della mafia. So che gli elettori non sono liberi. So che un sistema elettorale sbagliato apre le porte a chi inquina il voto, so di schede prenotate, di videotelefonini... So, ma non ho le prove. So che c’è un deficit di democrazia. Lo annusi, lo senti nell’aria che respiri. Il controllo del consenso è scientifico. Camminando per le strade di Palermo ti accorgi che i siciliani, come diceva Leonardo Sciascia, non credono alle idee. E che quando si vota i cittadini veramente consapevoli sono una minima parte. Uno su dieci? Forse».
Non sarà sempre colpa dei palermitani. C’è anche un problema della politica, di quei partiti che dovrebbero proporre una alternativa al modello Cuffaro-Miccichè-Dell’Utri.
«Certo che c’è, non la nascondo. I partiti del centrosinistra, tutti, dalla Margherita ai Ds a Rifondazione, hanno una aderenza alla città che è pari allo zero. Non sfornano neppure un personale politico all’altezza di essere utilizzato nel momento importante delle elezioni. Passano da una autoreferenzialità assoluta al ricorso di personaggi esterni fino a sconfessare se stessi. Certo, dentro questi partiti ci sono tante brave persone e tante belle individualità, ma spesso trovo in molti esponenti del centrosinistra una sorta di vicinanza antropologica agli altri rappresentanti del mondo politico. Quelli che stanno dall’altra parte, per capirci. Gli stessi riti, spesso le stesse parole, gli stessi luoghi frequentati, finanche lo stesso abbigliamento e le stesse facce».
Non sarà solo un problema di facce, però.
«È anche un problema di facce. Un esempio: quando i Ds hanno messo in campo uno come Claudio Fava hanno raggiunto i risultati migliori. Fava era un volto nettamente antimafioso, la sua storia ti parlava di una alternativa precisa - non solo in termini politici, ma civili, culturali, morali - al modo di fare degli altri. Insomma, non era una imitazione della destra, una sorta di surrogato, una borsetta di marca venduta sulle bancarelle ma allo stesso prezzo di quella originale».
Anche Orlando è una faccia che racconta una certa storia, ma ha perso...
«Che abbia perso è sorprendente. Se non ce l’ha fatta lui, nessun altro candidato ce l’avrebbe fatta, su questo non ci sono dubbi. Orlando non aveva partiti forti dietro di sé, Cammarata sì, tanto è vero che ha preso meno voti della sua coalizione. Orlando ne ha presi di più, perché lui è una sorta di dottor Jeckyll e mister Hyde…»
Un mostro...
«Sì, ma di intuito politico. Mentre il centrosinistra non ha piu’ antenne in città e in buona parte della Sicilia, lui aveva capito che l’abbraccio con Prodi e le politiche del governo sarebbe stato fatale. Ha puntato tutto sulla città e sulla sua candidatura, evidentemente non è bastato. Ma c’è qualcosa in più che mi piace dire. Orlando è dottor Jeckyll come amministratore, e mister Hyde quando parla con la gente e mette quella giusta dose di demagogia e, perché no, di sano berlusconismo. Ecco, se i palermitani lo avessero scelto lo avrebbero fatto per i suoi risvolti peggiori, ma a governare sarebbe stato l’altro Orlando, quello buono».
E adesso? Cosa accadrà a Palermo?
«Adesso? Ne riparliamo tra vent’anni...»
Ma c'è qualcuno che nutra dubbi sul fatto che il voto sia stato sostanzialmente inquinato?
Chiaro, Berlusconi ciarla di brogli e da quel momento l'argomento è sputtanato irrimediabilmente, si entra nel blablabla, neanche Prodi ha le palle di sostenere il candidato, D'Alema, solito amico del giaguaro, cinguetta cazzate funzionali al ciricì ciricià dei telegiornali...
La mafia PIACE, Berucosni PIACE al governo, è funzionale al potere dei (quanti sono? Cinquecentomila?) parassiti che vivono di politica e sottogoverno. QUESTA politica.