Come va la SEA? Troppo bene
(Per chi non è milanese ricordo che SEA è la società posseduta dal Comune che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate). Non c'è convegno in cui non si parli di “rilanciare Milano” e, quelli che se ne intendono, spiegano: si tratta di “migliorare la competitività del sistema territoriale”. Detto così, mi convince fino ad un certo punto: a quali “clienti” dobbiamo apparire competitivi? su cosa intendiamo misurarci? In altri termini, vogliamo competere con Pittsburgh, con Lione o con Siviglia? Non mi pare la stessa cosa. Su qualche aspetto però siamo già tutti d'accordo: per esempio, che sia bene migliorare l'accessibilità di Milano dall'estero, facilitare gli scambi di turisti e di uomini d'affari, di idee e di merci, di studenti e di maestri; questo, nei convegni di Assolombarda o alla Camera di Commercio, lo dicono anche gli esperti di Palazzo Marino.
Ci si aspetterebbe che lo avessero detto anche ai loro rappresentanti che hanno nominato in SEA, che avessero dato mandato di far arrivare a Milano il più voli possibile, di far crescere l'uso dell'aeroporto, magari limitando un po' i costi per le compagnie aeree. Se lo hanno detto, non devono essersi spiegati troppo bene, almeno a giudicare da uno studio della Bocconi dell'anno scorso (Rapporti tra vettori ed aeroporti, Certet per Assaereo, L. Senn ed al., 2006).
Vedete, negli ultimi anni le compagnie aeree hanno compresso i propri costi operativi interni, ma hanno subito un forte aumento dei costi per la sicurezza e per l'uso degli aeroporti; perciò, l'incidenza di questi costi sui ricavi per passeggero è aumentata e spesso questo elemento spinge le compagnie a scegliere di servire l'una o l'altra destinazione. Ryanair, ad es., sceglie di non operare da basi dove i costi aeroportuali superino il 15% del ricavo medio.
SEA sta facendo il massimo per rendere Milano conveniente? Sono sicuro che i suoi capi direbbero di sì e per capire fino in fondo se è vero, servirebbero anche studi e analisi dall'interno; ma qualche idea ce la possiamo già fare.
Cominciamo dal dire che SEA dà buone soddisfazioni economiche al suo azionista: il suo margine sulle vendite è il primo fra i principali aeroporti italiani, dopo essere cresciuto dell'81% dal 2001; il ritorno sugli investimenti si è triplicato (triplicato! sembra un sogno); il ritorno sul capitale continua ad essere il primo nel ranking. Davvero non male: malignamente si potrebbe pensare che si sono privilegiati i profitti immediati a scapito degli investimenti e del rafforzamento della società in prospettiva. Non troppo strano, in una società che il proprio azionista voleva privatizzare, cioè, dal punto di vista del padrone, sbolognare ad altri.
Ma da cosa derivano questi risultati? Gli aeroporti hanno due tipi di ricavi: quelli che derivano da attività commerciali soggette alla concorrenza e quelli che derivano dai diritti aeroportuali regolati. Ora, SEA non è stata particolarmente brillante nel primo tipo di attività; l'andamento dei ricavi commerciali per unità di produzione di SEA in sei anni è salito dell'1,3% annuo e questa crescita è la più bassa fra aeroporti italiani simili: la media è del 15%, Venezia è cresciuta del 47%. Questi numeri possono essere influenzati da scelta di date e situazioni particolari, ma in ogni caso non si sono certo fatti miracoli qui.
Ottime cose invece si sono ottenute nei ricavi regolamentati, cioè a spese dei vettori ed indirettamente dei passeggeri. L'incidenza dei diritti aeronautici sul valore della produzione è passata infatti dal 29 al 43%, con la seconda crescita percentuale nell'intero gruppo. [La crescita dei diritti in valore complessivo invece appare contenuta (+25%) ma dobbiamo osservare che si tratta di un periodo di osservazione in cui SEA ha perso valore totale di produzione (- 15%) mentre molti altri aeroporti lo hanno accresciuto]. Sembra tutto positivo.
Però i diritti regolamentati, oggi, sono governati da un meccanismo di “price cap”, cioè dalla regola:
(COSTI INIZIALI PIÙ RAGIONEVOLE MARKUP) AGGIORNATI CON INFLAZIONE - FATTORE PERCENTUALE DI “EFFICIENTAMENTO”.
Si spiega così: l'ente di controllo rileva i costi della società (nel caso, di SEA), lascia un ragionevole margine di guadagno e calcola quanto il gestore oggi dovrebbe far pagare ai clienti, cioè alle aerolinee un determinato diritto, come la tassa di imbarco per passeggero, o il diritto di sosta per un aeromobile.
Poi dice al gestore aeroportuale: mi aspetto che tu ogni anno impari a fare un po' meglio, diventi più bravo e riduca i tuoi costi, ad es. del 2%: è cosa ragionevole, a forza di fare una cosa si impara a farla meglio, secondo un meccanismo detto della “curva di esperienza”. Tu SEA, di questa riduzione di costi dovrai far beneficiare i clienti riducendo i prezzi dei servizi.
Purtroppo è molto difficile per il regolatore stimare bene quale “curva di esperienza” attendersi e quindi quale riduzione di prezzi richiedere alle società regolate; ciò in molti casi ha consentito a queste ultime di essere più “capaci di migliorare” di quanto era stato loro richiesto e di trattenersi il differenziale come profitto. Anche in questo momento, in altri campi, c'è chi, in questo modo, si sta facendo dei bei soldini a spese nostre di consumatori.
Non mi pare indebito immaginare che anche SEA si trovi in questa situazione.
In conclusione
- SEA opera in una condizione di monopolio naturale per una parte importante dei suoi ricavi.
- Il meccanismo di regolazione dei diritti aeroportuali probabilmente oggi la favorisce molto
- Ciò consente buona saluta alla società, ma porta le compagnie aeree a non sforzarsi troppo per sviluppare il traffico su Milano.
Non è chiaro se il Comune non si accorga del problema oppure trovi che va bene così. In ogni caso, però, intanto, potrebbero almeno smettere di farci la predica sulla “competitività di sistema”.