La lingua parlata è caratterizzata dalla presenza di esitazioni, forme colloquiali meno corrette, termini "buttati lì" e così via... E' chiaro che per "normali" qui si intendevano gli elettori, o comunque gli "uomini della strada" non direttamente impegnati in politica. E' forzosa la deduzione che i politici siano da Rosati considerati a/subnormali. La "norma" (nel senso di comportamento maggiormente diffuso, non giusto o corretto o altro) è non essere parte del sistema politico, semplicemente perchè sono più numerosi i governati rispetto ai governanti. Non è un po' esagerato polemizzare sempre contro tutto e contro tutti?
@Michel: al posto dell'intervistatore io avrei approfondito un giudizio tanto interessante espresso dal segretario della Camera del Lavoro. Che non si tratti, come dici tu, di uso disinvoltamente discorsivo delle parole risulta chiaro nel resto dell’intervista, dove si conferma un giudizio pesante sui politici, implicitamente indicati come persone non normali. Rosati distingue tra persone normali (quelle che subiscono i giochi politici) e persone non normali (quelle che fanno i giochi politici). Le prime, che sono normali, fanno considerazioni normali vista la situazione (per es. “si perdono le elezioni e non succede niente”); le seconde, che non sono normali, fanno ragionamenti non normali (per es. “bisogna cambiare persone e meccanismi e creare un nuovo partito, allora diamo un segno e usiamo le stesse persone e gli stessi meccanismi della vecchia politica per creare il nuovo (?) partito”). Rosati insomma dimostra coerentemente che i politici non sono normali. D’altra parte lui stesso, che politico è, porta ad esempio di rinnovamento il nuovo segretario regionale Ds Maurizio Martina (quello per intenderci del servizio civile per dare la cittadinanza agli stranieri, delle impronte digitali per tutti e del Né con Zapatero né con Bush).
Michel: non accetto la minimizzazione, è chiaro sia a me sia a te che l'aggettivo "normale" in questo contesto implica l'esistenza di altri che normali non sono. E poi l'intervista non compare sul giornaletto della terza A, ma su Repubblica, e quello è il segretario della Camera del Lavoro, non il capoclasse.
Sono convinto che proprio la mancanza di critica dura e implacabile da parte dell'informazione (e in questo Repubblica non si distingue, soprattutto a livello locale, da Il Giornale della famiglia Berlusconi, cambia solo il referente politico) sia una delle cause prime della degenerazione della politica italiana. La speranza è che l'informazione altra supplisca sempre di più. Proprio per questo sono convinto che ogni polemica lasciata sia una polemica persa. Ovvero una vittoria del cialtronismo imperante. Se non peggio.