Prodi: no ai giovani vecchi
«E sul Pd garantisco io»
Attacco ai cinquantenni di Ds e Margherita «Sono in politica senza vincere una battaglia»
di Ninni Andriolo / Roma
È Il 2 GIUGNO dell’orgoglio prodiano che sfodera gli artigli. Del premier che scende in campo in vista del 14 ottobre, della sfida aperta a quei «giovani vecchi» del Pd «che arrivano in politica senza vincere una battaglia». È il giorno del Professore che torna
«a spendersi la faccia», a «far politica», a «mettersi in movimento». I cinquantenni che provengono dalle file della Quercia e della Margherita sono avvisati: Prodi sta «tra i piedi» per far nascere un partito completamente «nuovo», per far crescere un’altra generazione politica alla quale passare il testimone. Basta con le «cooptazioni», quindi. Basta con gli accordi sottobanco per spartirsi la leadership. Sarà Prodi a garantire il popolo delle primarie. Sarà lui a difendere il sacrosanto diritto della gente a partecipare e a scegliere. Sarà lui a mantenere fermo il principio che premier e leader del Pd debbono coincidere. L’Assemblea costituente potrà eleggere gli «organi del futuro partito», ma questi dovranno avere funzione esecutiva. Il premier «presidente», invece, svolgerà compiti di coordinamento «tra il Pd e l'azione di governo».
Prodi sposa in pieno le tesi di Arturo Parisi. Le incomprensioni tra i due, delle quali si bisbigliava nei giorni scorsi, se mai ci fossero state, sembrano svanite di colpo. Il ministro della Difesa, seduto sul palco del teatro Quirino - accanto a Giulio Santagata e Giovanna Melandri - ascolta attentamente il premier che «tiene il punto».
La platea, mobilitata attraverso il sito internet di Incontriamoci, applaude più volte il Professore. Al Quirino si concentra uno spaccato di popolo ultraulivista, che mugugna e protesta quando sente parlare di Margherita o di Quercia. Tra il pubblico c’è chi prende e invita i cinquantenni - Veltroni, nella fattispecie, visto che è seduto in prima fila e li rappresenta tutti - a «non uccidere il padre» (cioè Prodi) «prima del tempo».
A sentire lo staff di Palazzo Chigi, però, non è il sindaco di Roma il bersaglio degli strali di Prodi, appena celati, ieri, dal tono bonario e tranquillo del Professore. I destinatari? Franceschini, Rutelli, D'Alema, Fassino, Finocchiaro? Un po’ tutti, forse. Compreso Veltroni. Walter possibile leader del Pd? «Perché no, con lui abbiamo sempre lavorato bene», aveva risposto Prodi, intervistato poche ore prima da Radio24, «Se vince le primarie diventa il capo del Partito democratico». Niente «vincitori precostituiti», però.
Il premier, in realtà, non ha mandato giù le critiche piovute su Palazzo Chigi, dopo il flop elettorale delle amministrative, e l’idea - avanzata nei giorni scorsi - di nominare un segretario politico del Pd. Il dato negativo del voto, ribadisce, era stato messo nel conto. «Non bisogna avere paura dei risultati intermedi - ripete - Abbiamo perso voti e non lo abbiamo nascosto. Ma io continuerò a fare le riforme perché sono sicuro che il programma dei cinque anni darà i suoi frutti anche in termini di voti». I risultati, tra l’altro, stanno arrivando e l’Italia è cresciuta più nell’ultimo anno che nei cinque precedenti. «Un'operazione chirurgica come quella del risanamento del Paese», poi, «non poteva essere fatta senza che il malato se ne accorgesse». La situazione è difficile, certo. Per colpa della legge elettorale e del sistema televisivo «in cui nessuno lancia messaggi, ma tutti gridano». Palazzo Chigi, in sostanza, non ha colpa e non deve farsi alcuna autocritica.
Andrà in giro per l’Italia, Romano Prodi. Con o senza pullman. Perché, di qui alla «rivoluzione» del 14 ottobre, «ci sono tre mesi di tempo». E, come spiegano i suoi, alle primarie per la Costituente bisogna «far scendere in campo mille liste». L’obiettivo? Suscitare il massimo di partecipazione e di protagonismo per non lasciare nelle mani di diessini e diellini il bandolo della matassa. «Guai a credere che i partiti comandati o posseduti dall'alto possano risolvere i problemi del Paese - incalza Prodi - A me interessa una gara vera, effettiva e senza nessun posto prenotato». Concorrenza tra «liste e programmi diversi», quindi. Per rendere possibile «che i giovani si buttino». I giovani, infatti, «sono tali se portano idee nuove e non se sono nati in un certo periodo». E il premier ha «visto tanti giovani vecchi sponsorizzati dai potenti» che, al dunque, «si sono rivelati incapaci di ricoprire il loro ruolo». Quanto ai «giovani vecchi», appunto, «ce ne sono tanti» e il premier potrebbe «fare una lista che non finisce più». Escano allo scoperto, in ogni caso, se vogliono conquistare la leadership. E non si nascondano dietro accordi sotto banco. Facciano «come me che dovrò andare al collegio XII di Bologna, per presentarmi e farmi eleggere».
Niente «listoni» di partito, però, altrimenti il 14 ottobre «sarà un fallimento». Tanti concorrenti, invece, «e una pluralità di liste» nelle quali ci sia «spazio per tutti». In modo da fare emergere «nuove energie». È «qualche giovane che faccia il leader» di un partito che dovrà sconfiggere «l’antipolitica», dovrà essere federale, aperto e laico, e dovrà porsi l’obiettivo di «vincere le prossime elezioni».
Evidentemente il Ceauseschino della Provincia e i suoi compari credono davvero a quel che c'è scritto nel sottotitolo de "La Casta":così i politici italiani sono diventati intoccabili.Come credeva Ceausescu,quello vero.Non imparano niente.Vogliamo buttare altri soldi in pubblicazioni che nessuno legge?Che problema c'è?Siamo Casta o no?Se siamo Casta, siamo intoccabili...Interessante la proposta del consigliere Giovanni De Nicola:storniamo quei soldi a beneficio dei pompieri, secondo le modalità da lui stesso indicate.Se siete d'accordo, tocchiamo gli intoccabili:telefono, lettere. e-mail, sms...inondiamoli,un diluvio.
Per vergogniarci un pò di meno.Grazie.Michele Rinaldi