Francesca, le scuole di Scampia non fanno notizia, perchè fa notizia Scampia stessa. E' un territorio condannato, in primo luogo dagli stessi suoi porgettisti ed ideatori, in secondo luogo dalle amministrazioni nazionali e locali, in terzo dai media; condannato ad essere terra di frontiera della nazione della camorra, terra in cui la camorra preleva la sua manodopera e, a volte, i suoi dirigenti. Pertanto la scuola, a Scampia (e nella 167, o, a Palermo, nello ZEN o a Brancaccio, e potrei andare avanti così...) non fa notizia, qualsiasi cosa vi succeda dentro, perchè qualsiasi cosa, a Scampia, è normalità. Ti potrei raccontare di minacce ai professori, ti potrei raccontare le pistole a scuola, le professoresse che finiscono a fare i conti con la depressione (qualle patologica); ma non ha senso perchè Scampia, di per sè, non ha senso, è la sconfitta totale del concetto di società e di città.
Non so se lì da te, alle Banlieue, la situazione sia paragonabile, so solo che qui non vale la pena, per molti, di parlare di scuole a Scampia, perchè Scampia serve per parlare, al tg, di camorra.
E' triste, ma è così.
E' proprio quello che dico anche io, ma allora smettiamola di scandalizzarci di fronte al prof che si becca una bottiglia d'acqua in testa. Il fatto è grave, ma niente a che vedere con cosa succede altrove.
Da me, ci sono casi di depressione. Non molti nella mia scuola che, essendo un liceo, è un po' privilegiato, ma ci sono. Nessuno ci ha preparato, al concorso ci hanno interrogato su Pavese e Dante...
Molto dipende anche dal carattere e dalla solidità personale degli insegnanti. Gente in lacrime o che molla la classe perché non ce la fa ne vedo intorno a me. Poi però quando torno a casa e leggo tutto il putiferio di fronte alla notizia di un culetto di prof su internet mi viene sinceramente da ridere disperata.
La cosa grave, Francesca, è che qui a Napoli (non so da te, spero non sia così) neanche ci si fa più caso: anche per noi che viviamo in zone migliori di Scampia, quella zona è off-limits, è un altro mondo.
Ogni tanto qualcuno, per fare un po' di 'sana demagogia' va in quei quartieri e mette su un gruppetto di ragazzini per portarli a Sanremo ed illuderli che la loro vita cambierà; c'è qualcuno (pochi per la verità) che resta in prima linea a combattere, ma anche la maggior parte dei professori, dei maestri, degli educatori, ormai, davanti alla resa dichiarata dallo Stato, hanno tirato i remi in barca, si limitano al lavoro di routine. Sotto tanti punti di vista ha ragione chi, oggi, decide di non combattere più per questi quartieri, dentro e fuori la scuola: nessuna protezione, nessun appoggio, il sindaco che fa finta di niente, il governatore che fa orecchie da mercante, lo Stato in fuga; nessun valido motivo, a parte la vocazione (al sacrificio? al martirio?) di alcune mosche bianche, per continuare a credere che la situazione possa cambiare.
E poi, come dici tu, arrivano i tg a fare un po' di servizi scandalistici su quello che succede, probabilmente, da sempre nelle scuole e che semplicemente la tecnologia, oggi, rende visibile. Bravate, scherzacci volgari, ragazzini stupidi e professori talvolta ancora più stupidi, ma niente di grave in quanto niente di così capillarmente diffuso da far gridare al pericolo.
Non vedo soluzioni, non vedo spiragli... e tu?
Anni addietro una prof. ce l'ha messa tutta per bocciare un amico che stava facendo i conti con la depressione... Alla fine l'ha avuta vinta. Erano "tutte balle" per lei.
dimenticavo... si trattava della maturità. ovviamente Pavese e Dante sono importanti, ma una preparazione psicologica per avere un rapporto decente con gli alunni è quello che manca maggiormente al nostro corpo docenti.
mia figlia liceale , ricoverata per nefropatia, con sidrome di cacchiericci, rene a spugna midollare bilaterale, città di Torino, alla mia richiesta di aiuto per farle svolgere i compiti e le versioni mentre era ricoverata mi venne risposto che anche se avesse dovuto ripetere l'anno non sarebbe stato un gran danno, che la scuola superiore non è scuola dell'obbligo e gli insegnanti non sono tenuti a dare supporto esterno nè a favorire interrogazioni programmate o compiti in classe da svolgersi su necessità in base ai suoi ricoveri, che la scuola è piena di ragazzi con problemi familiari (divorzi o tumori ) e non si può stare dietro a tutti.
Presi mia figlia e la trasferì immediatamente ad un altro liceo ove i suoi professori l'aiutarono in tutte le maniere, il liceo che la supportò è il Gioberti e ancora oggi a distanza di anni non mancherò mai di esprimere il mio riconoscimento, cosa che feci anche attraverso una lettera a La Stampa rubrica "specchio dei Tempi".
Mia figlia ottenne la licenza liceale anche se non con una votazione brillantissima, non fu bocciata ed è prossima a laurearsi in ingegneria al politacnico , facoltà famosa per la sua severità.
Mi fu suggerito di portarla in un liceo privato, rifiutai fermamente tale oscena proposta e non me ne sono mai pentita.
cara maria...
l'insegnante che ti disse quelle cose, invece di fare l'insegnante, poteva andare a zappare la terra, avrebbe fatto un favore a tutti gli studenti che nel corso degli anni ha incontrato..., le sue erano solo braccia rubate all'agricoltura (con tutto il rispetto per gli agricoltori...)
fortunatamente hai poi trovato insegnati degni di tale nome..., ma quanti purtroppo non hanno la stessa fortuna...???
A parte gli insegnanti crudeli e criminali, credo che spesso gli insegnanti non siano preparati né giudicati sulla loro capacità a sentire, capire i ragazzi. E' tutto lasciato al carattere, alla indole di ognuno. Non voglio difendere nessuno, ma solamente far riflettere sulla differenza che c'è fra insegnare in un luogo e insegnare in un altro, per cui se sei nel gran bel liceo del centro storico il ragazzino che ti risponde male è osceno e intollerabile, mentre lo stesso comportamento altrove è normale, quotidiano.
C'è un tale (Michel, mi pare) nel post sul Sessantotto che, fra le altre cose, dice che la colpa di quel che succede nelle scuole oggi è...indovinate un po'? Del Sessantotto.
Sono reduce da un viaggetto in Francia. Ad Arles, dinnanzi alla cattedrale, si raccoglie un gruppo di 15-16enni in viaggio scolastico.
La maggior parte di essi si siede a terra ed osserva il prof. Qualcun altro cazzeggia. Il prof urla.
Immediatamente il resto della comitiva si siede, obbediente.
Come avrete capito, purtoppo non erano italiani (le scolaresce della penisola si riconoscono ad un miglio, giuro), probabilmente olandesi.
Ci siamo a lungo interrogati, mia moglie ed io, sul significato di ciò che abbiamo visto. A distanza di qualche settimana ci stiamo ancora interrogando.
Non comportiamoci sempre da italiani, dai: i nostri ragazzi non sono peggiori degli altri, nemmeno in gita!
Il Sessantotto...non ha colpe, no, anche perché è stato un movimento enorme, ma alla scuola non ha fatto solo del bene. Almeno in Francia. Io credo che la sinistra sia bravissima (almeno quando il presidente del consiglio si chiama Jospin) a organizzare la scuola, dare chances a chi altrimenti è rilegato in un ghetto. Ma quando la sinistra si mette a toccare i programmi scolastici c'è poco da star sereni. Non che con la destra sia migliore, ma spesso la sinistra, con la voglia di cambiare, cambia anche le cose che vanno bene. Perché di cose che vanno bene ce ne sono ovunque.
Cara Francesca,
la seconda moglie di mio padre è stata tua collega, in Italia (Lecco) dove insegnava lingue.
Una donna colta, *sveglia* (a 76 anni parla ancora a raffica, anche dopo una lunga giornata in viaggio), vitale, curiosa. Da come parla mi rendo conto che le sue lezioni dovevano essere interessanti. Dai suoi racconti si evince che purtroppo delle "centinaia" di allievi per curiosità e vitalità intellettuale (non necessariamente per i voti), riesce a ricordarsene solo una manciata, una decina.
Gli altri erano immersi in un "mondo di apatia", disinteresse, superficialità che trovava agghiacciante.
Non sto sostenendo che gli italiani siano naturalmente predisposti ad essere *peggiori* (gli studenti americani p.es. non brillano certo), ma la mia interrogazione di cui sopra era rivolta soprattutto al capire se vi fossero fattori socio-culturali a cui poter risalire per capire la differenza tra le scolaresche italiane che abbiamo incontrato nel peregrinare in musei, chiese, etc e quest'altro gruppo.
Perchè se vi fosse una differenza socio-culturale, se essa fosse quantificabile, allora e come al solito - la responsabilità di molti degli atteggiamenti giovanili che conosciamo dobbiamo ri-imputarli quasi esclusivamente a coloro che li hanno educati e/o esposti ad una serie di "valori".
In primis noialtri quarantenni, genitori e non, e non lo stato, la politica, la televisione, le infrastrutture, la didattica...