Da questo articolo sembra che i decennali problemi dei palestinesi siano dovuti soltanto agli ultimi mesi di lotte interne, alquanto fuorviante...poi mi sembra che l'articolo non citi il fatto che le elezioni le abbia vinte Hamas (ma del resto per il mondo occidentale le elezioni sono libere e democratiche solo se le vince chi vogliamo noi...).
"Ciò che inizia a declinare 25 anni fa è la possibilità di una ceto politico palestinese di governo formato nell’esilio, laico e secolarizzato. Chi rimane sul territorio dà voce a un’opinione pubblica sempre più frustrata: è l’area religiosa,-radicale, fatta di piccola borghesia urbana e commerciale, di figli di notabili declassati, di nuovi intellettuali interni, che connettono il ritorno all’Islam come recupero della propria dignità"
Beh in ogni paese normale del mondo la politica del proprio stato viene fatta da chi abita quel paese, anche perchè con i governi in esilio si finisce come in Somalia...
"Quello che sta accadendo è dunque un conflitto politico interno, ma allo stesso tempo è anche il confronto per chi esprimerà il centro dello Stato palestinese. Stato che oggi risulta strutturalmente diviso in due..."
Uno stato che non esiste è dura che possa essere diviso in due.
"Uno Stato non si costruisce solo valutando il benessere individuale, relativo dei propri cittadini. Occorrono almeno: un esercito, un apparato economico, una struttura produttiva, un’idea di economia nazionale, un apparato di autogoverno e una classe dirigente, un sistema dei partiti e di strutture di rappresentanza sociale; una produzione culturale"
Eh si è tutta colpa delle lotte intestine se non esiste un florido stato palestinese, non è colpa di Israele, Europa e USA che da anni stringono il cerchio militarmente e economicamente relegando i palestinese a vivere in una prigione a cielo aperto...
avrei gradito che in tutto cio' avessi esposto anche le eventuali responsabilita' di Israele, stati uniti, arabia saudita e altri.
ad esempio, il definire per anni arafat come "terrorista" mentre era quello dei trattati di oslo, non ha fatto perdere di vista chi fosse il terrorista?
i soldi di hamas (come quelli di hezbollah) da dove sono arrivati?
quanto ha contato in tutto cio' il "pericolo rosso" paventato dall'anticomunismo storico?
Ehi amici, non è che Hamas combatte Fatah perché sono compagni che sbagliano, o perché un perfido nemico sta distraendoli dall'obiettivo principale. Ma perché ritengono:
a. che quelli dell'altra parte sono corrotti e vano perciò eliminati (se non fisicamente, almeno politricamente)
b. che sono dei traditori della causa e fanno gliinteressi del nemico.
Israele ha delle responsabilità, in questa cosa, come ce l'ha l'Iran, la Siria, gli Stati Uniti, l'Europa, la Lega Araba.
L'elenco è infinito e ad ognuno è riconoscibile una sua responsabilità specifica, circostanziata e definita.
Ma in questo complesso di responsabilità c'è anche quella dei palestinesi rispetto a se stessi, delle loro direzioni politiche, della corruzione diffusa, della necessità di un'analisi autocritica sulla propria storia.Perché non è vero che la propria storia è solo il risultato di ciò che gli altri - tutto il mondo - decide per te e contro di te. Non solo questo è un ragionamento troppo semplice, ma è anche autoassolutorio. Non ci sono popoli innocenti alla storia. Ci sono responsabilità individuali e condivise proprie di un gruppo umano e politico, dei suoi sottogruppi.
La storia di un popolo è anche conseguente alle proprie scelte, ai propri errori, alle proprie decisioni infondate. Non è solo il risultato dell'impossibilità di decidere. I palestinesi non sono una realtà collettiva espropririata della propria capacità di scegliere, di decidere, di agire e perciò di cambiare.
Perché se i palestinesi sono solo degli eterodiretti, allora non si vede perché si dovrebbe pensare di dotarli di uno Stato. La dimensione dello Stato non è un "regalo" è l'effetto di atti politici, che si definiscono esattamente in virtù politriche e in conseguenza di un esercito (e non solo un apparato di polizia), un apparato economico, una struttura produttiva, un’idea di economia nazionale, un apparato di autogoverno e una classe dirigente, un sistema dei partiti e di strutture di rappresentanza sociale; una produzione culturale.
Dalle scene di questi giorni si deduce che un embrione di esercito, meglio di due eserciti c'è. Manca tutto il resto. Ma una realtà che possiede o dimostra di possedere, in forma più o meno organizzata, un embrione di esercito o un un insieme di bande armate; che ha un sistema di partiti che sembrano più dei clan che non delle forme moderne di rappresentanza; che non ha se non in forma molto impropria strutture di rappresentanza sociale; la cui burocrazia - ovvero un corpo di funzionari che fanno "girare" la macchina statale - di fatto inesistente; la cui produzione culturale è di livello alto, ma spesso nella diaspora e i cui intellettuali in diaspora non hanno espresso - nemmeno in minoranze significative - la voglia di tornare. Tutto questo secondo vi dice che è responbsabilità di tutti gli altri se lo Stato non c'è? Secondo me dice che c'è anche una responsabilità - e non marginale - di chi lo Stato lo chiede, ma poi non si capisce chi lo dovrebbe fare e, soprattutto, come si terrebbe in piedi, con quali strutture, apparati. O questo vi sembra un mero dettaglio?
david (non bidussa) credo che tu abbia una visione molto parziale nel migliore dei casi, nel peggiore manifesti una certa malafede.
La storia di un popolo è anche conseguente alle proprie scelte, ai propri errori, alle proprie decisioni infondate. Non è solo il risultato dell'impossibilità di decidere. I palestinesi non sono una realtà collettiva espropririata della propria capacità di scegliere, di decidere, di agire e perciò di cambiare.
Perché se i palestinesi sono solo degli eterodiretti, allora non si vede perché si dovrebbe pensare di dotarli di uno Stato.
gli ebrei sono un popolo che e' stato disperso per il mondo per 200 anni, eppure israele esiste; tra gli ebrei esistono lo stesso tipo di divisioni che esistono tra gli israeliani (religiosi e laici, falchi e colombe), i palestinesi sono piu' sfortunati o hanno diritto a minori opportunita'?
Molti in Israele e fuori dicono "il popolo palestinese non esiste" e mi puo' anche andare bene, non esisteva un'unita' etnico-politica prima dello stato di Israele, ma e' esistita DOPO, il popolo palestinese e' una creatura indiretta della creazione dello stato di Israele; ora che esiste cosa facciamo? lo aboliamo per decreto legge?
gli stati non hanno senso, non ha senso la patria, non hanno senso i confini e le divisioni etniche.
Ma non esiste altra via, finche' vorremo l'esistenza di Israele, che la creazione di uno stato palestinese con cui avere rapporti pacifici e collaborativi.
l'alternativa e' la guerra, sia a bassa intensita' come l'intifada e gli attentati suicidi (con le susseguenti rappresaglie), sia combattuta come l'anno scorso in libano (con nessun vincitore).
Per Berja.Mi dispioace deluderti, ma sono bidussa. No credo di essere iun malfede, ma ho delle domande
Ho capito il tuo punto di vista, almeno credo.
Ha del fondamento. Ma un'analisi specifica non solo va fatta, ma va anche pretesa.
Con analisi specifica intendo che all'interno del mondo politico, sociale, e culturale palestinese - nelle sue molte differenze interne - si deve porre pubblicamente il problema di un'analisi non fondata sul mito, ma sulle proprie responsabilità. Condivido l'analisi (altra cosa è la diagnosi) di tutti i "nuovi storici isareliani" (ciò che non condivido è sia alcune punte di analisi di Benny Morris, sia alcune delle posizioni di Ilan Pappe, mentre capisco e concordo, per esempio, con Baruch Kimmerling, Yael Zerubavel, Idith Zertal, tanto per citare qualcuno che non è morbido per niente né con la linea politica di israele dal '48 in avanti né con l'attuale politica in merito al mondo del lavoro), ma il problema è che la stessa operazione identica, antimitica, deve essere compiuta dai palestinesi. Dentro il mito non ci sarà salvezza, ci sarà solo disperazione. Soprattutto non c'è un domani politico, né per sé né condivisibile con i propri vicini, compresi i giordani. C’è solo la crescita di una variabile impazzita, sul cui impazzimento si possono individuare molte motivazioni, ma che non producono uno Stato,ma producono delirio.
Checché se ne dica lo Stato di Israele non fu un regalo, fu l’effetto di molte cose, compreso il senso di colpa dell’Occidente che decise la nascita di uno Stato. Ma poi quello Stato – nel bene e nel male – ha avuto una possibilità di proseguire nella propria storia in relazione al fatto di funzionare come uno Stato e non solo per le scelte di politica estera ed interna che ha fatto, ma per il semplice fatto che ha una burocrazia, un sistema previdenziale, un sistema finanziario, un apparato di polizia, un’industria culturale, dei centri di ricerca scientifica.
Cioè, avrebbe detto Louis Althusser quanfop veniova considerato un rigoroso pensatore marxista à la page, perché ha prodotto sia “Apparati di Stato” che “Apparati ideologici di Stato”.
Se invece si ritiene che l’esistenza di Israele è solo un artificio politico in relazione a una politica di oppressione, per cui eliminata quella, cessa di avere una fisionomia in quanto Stato, allora l’esito è uno solo: la nascita dello Stato palestinese come distruzione dello Stato di Israele. Una soluzione rovesciata e speculare alla precedente, che nascerebbe con lo stesso vizio logico della precedente e con gli stessi vizi strutturali della precedente. Detto tra noi non mni semvbra una soluzione attraente.
Quello che accade a gaza, come in libano, è la dimostrazione lampante di tutti i motivi per i quali non si è mai arrivati ad una soluzione pacifica.
E la colpa non è certo degli israeliani.
Da anni gran parte del mondo arabo lotta per eliminare israele, non per risolvere il problema palestinese.
e se ti firmi (non bidussa) come fai poi ad essere bidussa?
sono abbastanza d'accordo sulla tua analisi, pero' ti vorrei chiedere di non fare l'errore del 99,9% dei "sionisti esportazione", ovvero dei nazionalisti conto terzi che spopolano nelle comunita' ebraiche occidentali: non e' detto che la critica, anche feroce, allo stato di Israele celi l'intenzione di distruggerlo.
le contraddizioni che si porta dietro uno stato particolare come lo stato di Israele vanno considerate, non risolte (non ci compete) ma considerate.
Puo' uno stato moderno, democratico, liberale, avere un orientamento etnico-religioso?
Se si', come puo' preservarlo con i mezzi moderni, democratici e liberali?
La lotta tra un insieme di gruppi di persone che hanno come unico collante un "mito fondativo" contro uno stato moderno, democratico e liberale come puo' essere compresa, analizzata e risolta?
Puo' uno stato moderno, democratico e liberale paragonarsi ad un'insieme di gruppi di persone che non hanno altro che il famoso "mito" di cui parli?
(perche' anche tu fai questo che a parer mio e' un po' un errore, paragonare lo stato d'Israele attuale con il magma palestinese)
Siamo sicuri che il continuo minare l'autorita' di arafat, di al fatah e degli altri partiti laici da parte dei governi e dei mass media occidentali non ha qualche responsabilita' sulla mancata creazione di una struttura statale decente?
(si' lo so che erano e sono un ammasso di corrotti, ma non mi pare che la situazione delle classe dirigente italiana sia poi cosi' differente)
Perche' prima di andare a cercare le responsabilita' palestinesi, che sono palesi visto che e' la LORO guerra civile, credo che prima sarebbe necessario investigare le nostre.
la mia peronale soluzione rimane sempre la stessa: confini del 1967, certi, riconosciuti ed inviolabili; pace ed equo indennizzo (reciproco) per i profughi (palestinesi ed ebrei, chi ha mai risarcito gli ebrei libici, iracheni, siriani, egiziani, cacciati dalle loro case e dalla loro terra?) e poi si vede.
Chiedo scusa a tutti, il (non Bidussa) è colpa mia. Ho visto passare un indirizzo email sconosciuto e ho presunto che fosse un altro David. Ho risistemato la firma.