Un minimo comune denominatore per la sinistra
Le elezioni di maggio hanno certificato la sconfitta di questa coalizione di governo; ma il divorzio fra la società italiana e i progetti della sinistra politica viene da molto più lontano. Non a caso, i leader più noti di questa “sinistra smarrita” oggi non sono in grado di produrre analisi convincenti, di indicare cause né, ancor meno, di proporre rimedi.
Anzi, a me fa impressione notare come, qui su OMB e in qualunque posto si trovino un po’ di teste di sinistra, le ricette siano sempre diversissime, quel che pare bene ad uno sembra pessimo al vicino, una stessa decisione a me sembra naturale e ad un altro pare dimostrare colpevole cedimento alle logiche della destra. Così mi è venuta voglia di fare una prova: vediamo se riusciamo a trovare tre o quattro cose minime sulle quali trovarci tutti d’accordo,“antagonisti” e “sinistra di governo”, giovani e meno giovani, iscritti di lunga fedeltà e società civile. E’ una bella scommessa, certo, ma sarebbe bello riuscirci.
Io vi metto lì qualche proposta, non sono sicuro che siano le migliori o le più necessarie in assoluto, ma mi pare che potrebbero avere un consenso ampio. Mi piacerebbe sentire l’opinione di tanti. Se poi risultasse che in moltissimi siamo d’accordo, il passo successivo sarebbe chiedersi, senza malizia: perché la sinistra politica non le mette in atto?
TROVARE IL CONSENSO PER LE RIFORME CAMBIANDO LA POLITICA ECONOMICA
Qualunque politica sociale attiva richiede risorse economiche, che oggi sono limitate. Non le troveremo mai, se le vogliamo destinare a ridurre lo stock di debito. In questi anni, proporsi di far diminuire l’incidenza del debito sul PIL non è necessario: lo hanno scritto da tempo molti economisti, lo dimostra il fatto che l’indicatore, che oggi è intorno al 107%, è stato anche al 124% senza che ci fossero sintomi di crisi di sistema. L’azione di “risanamento” deve limitarsi a stabilizzare questo rapporto, il “tesoretto” deve essere interamente usato per stimolare i consumi interni. Tra l’altro, se davvero vogliamo riuscire a fare le riforme, occorrerà ridurre l’ostilità di chi dalle riforme necessarie verrà, nel breve, danneggiato; perciò, bisogna sempre immaginare qualche forma di compensazione agli interessi colpiti: diversamente, continueremo a non fare nessun cambiamento. Ad esempio, se intendiamo realizzare una riforma meritocratica per migliorare la qualità delle nostre università, dovremmo preoccuparci di qualche forma di ammortizzatore transitorio per chi verrà colpito, magari senza colpe dirette, ecc. Se la demografia ci dimostrerà davvero che occorre spostare risorse dalle pensioni ad altre forme di welfare, la medicina potrebbe sembrare meno amara e ingiusta alle famiglie, se fosse chiaro che le risorse in ipotesi sottratte alle pensioni dei padri verranno immediatamente riutilizzate per sostenere i redditi dei figli precari fra un periodo di impiego e il successivo, e non a restituire il capitale ai detentori di titoli di stato.
Il cambiamento di rotta dovrà essere accompagnato anche da cambiamenti esemplari negli uomini: Padoa Schioppa deve andare via subito.
GARANTIRE LA DEMOCRAZIA REALE NEL SISTEMA POLITICO
Abbiamo bisogno di partecipazione attiva alla vita politica, ma non la avremo mai, se non diamo modo a tutti di “contare davvero”. Partiti e associazioni di qualunque tipo, che si propongano di intervenire nel dibattito politico, devono essere obbligati a stringenti regole di democrazia interna: statuti noti al pubblico, votazioni a scrutinio segreto, congressi almeno annuali, diritti di tribuna per i dissenzienti, organi di garanzia indipendenti, bilanci certificati. Dobbiamo contrastare le spinte verso sistemi sempre più maggioritari, che costringono a scegliere soltanto fra l’orrido della destra ed il brutto di questa pseudo-sinistra, come vorrebbero gli uomini del referendum. Dobbiamo vietare le candidature multiple e le liste bloccate, che consegnano il parlamento alla scelta di quindici oligarchi incistati nelle segreterie dei partiti. Dobbiamo rifiutare le primarie, se non sono processi per scegliere davvero un leader, ma strumenti per rafforzare un leader già scelto e renderlo impermeabile alle critiche. Si devono stabilire incompatibilità ferree fra cariche pubbliche e incarichi di partito, per nessun incarico sarà permesso il terzo mandato.
FINIRLA CON LE COMPLICITÀ E LE FURBERIE
In molti casi, il governo di oggi appare debole e incerto, soggetto alle pressioni di gruppi di potere. Penso alle vicende legate ai servizi segreti e più in generale alle forze armate, dal caso Pollari a quello Speciale, dalle vicende del G8 al caso di Vicenza: intrallazzi, ricatti, reati tenuti nascosti. Penso alla gestione della Rai, ove i boss “di sinistra” si comportano esattamente come quelli berlusconiani, in un evidente clima di “inciucio” e corresponsabilità. Penso alla gestione della burocrazia, politicizzata, irresponsabile, inamovibile. Qui, anche i sindacati del pubblico impiego danno il peggio di sé, nel rifiutare valutazioni indipendenti dei risultati e della produttività del lavoro. E troppe risorse sono spese per favorire gli “amici” in attività inutili, studi irrilevanti, veri e propri sprechi per mantenere un ceto politico pletorico. In questi campi, si deve intervenire con decisione, azzerando gli apparati collusi, in una grande operazione di trasparenza e serietà.
UN GOVERNO SERIO
Il governo attuale deve essere sostituito da un esecutivo più leggero e credibile, con un programma limitato e preciso. I provvedimenti devono essere ponderati a lungo, ma poi attuati con decisione: è intollerabile vedere l’esecutivo cedere di fronte alle pressioni delle lobbies più miopi e miserabili. Anche la comunicazione del governo dovrà essere sottoposta a poche regole di serietà: distinguere le opinioni dei singoli da quelle del governo nel suo insieme, annunciare i fatti e non le intenzioni, avvertire i colleghi prima di parlare.
Forse, a questo potremmo anche spiegare al buon Fassino che, per ritrovare consenso, fare queste cose potrebbe essere molto più immediatamente utile che non creare il partito democratico.
Oops, scusate, ...ho detto un eresia?
di
Paolo Zinna