Il problema è un altro
di Marco Travaglio
Lunedì mattina ho l’aereo da Napoli per tornare a Torino, con scalo a Roma. Decollo alle 11.15, poi da Fiumicino alle 13.35. Alitalia. Vincenzo, un bravo e simpatico collega, passa a prelevarmi in albergo a Vico Equense, alle nove e un quarto. «Di qui all’aeroporto sono tre quarti d’ora, ma non si sa mai, meglio partire in anticipo». Infatti da Vico a Capodichino c’è un traffico da impazzire. Apro il finestrino per fumare, ma la macchina è invasa da una puzza micidiale, un po’ smog e calura, un po’ monnezza, un po’ monnezza bruciata. Cumuli enormi ai lati dell’autostrada: «Ma molto meno del solito», mi assicura Vincenzo. Sui giornali la Jervolino annuncia la fine dell’emergenza rifiuti, se lo dice lei… L’ultimo tratto è una via crucis. Incidenti, cantieri, deviazioni, code, gomme che esplodono, macchine che fondono, sirene di polizia e ambulanze, gente che impreca. Il mio aereo si allontana. Mi sa che lo perdo. Arrivo alle 10.50. Ai check-in code sovrumane. Ho la tessera Ulisse, chiedo della saletta Alitalia. «Non c’è più, l’hanno chiusa», mi dice una signorina vestita di verde. Mi incolonno e apprendo dalla vox populi che per Roma non c’è fretta: ritardo di un’ora, se va bene. L’addetto mi fa le due carte di imbarco. Chiedo se ce la farò ad acciuffare il Roma-Torino delle 13.35. «Fate in tempo, dotto’, facile facile». Si parte con un’ora e un quarto di ritardo. Atterraggio a Fiumicino alle 13.20. La hostess rassicura: «Niente pullman, si scende direttamente in proboscide». Ma la proboscide è finta: fa una deviazione, porta alle scale e di lì sulla pista. Se ci facevan scendere dall’aereo, risparmiavamo tempo e fegato. Ma, com’è noto, in Italia la linea più breve tra A e B non è la retta: è l’arabesco. Tutti lì sulla pista sotto il sole ad attendere il pullman che non arriva. I minuti scorrono, finalmente ci caricano e ci portano ai transiti. Le 13.30. Corro al banco Alitalia con le budella in gola: «Faccio a tempo per il Torino delle 13.35?». La signorina mi compatisce: «Non ha saputo che il 13.35 è stato soppresso? Non esiste più. Avrebbero dovuto dirglielo a Napoli. Infatti lei è sul volo delle 16.35». Controllo: è proprio così, l’impiegato di Napoli, mentre mi garantiva che ce l’avrei fatta a prendere il 13.35, mi metteva sul 16.35. Ho un impegno nel pomeriggio, non posso perdere tre ore. Corro al banco Airone: c’è un bel volo alle 14.45. «Compro il biglietto, a qualsiasi tariffa». Risposta della signorina vestita di giallo-blu: «Non possiamo fare biglietti. Dovrebbe uscire, andare in biglietteria, rifare il check-in, ripassare ai controlli e tornare su». Guardo l’orologio: quasi le 14. Corro in balconata a vedere le biglietterie di sotto: code folli. Rinuncio, annullo l’impegno a Torino, vado all’uscita A12, tiro fuori il portatile e mi metto a scrivere Uliwood. Verso le 16, poco prima dell’imbarco, l’aereo per Torino sparisce dal display, sostituito da Verona. Chiedo lumi al tipo Alitalia che sta cercando di dire qualcosa al microfono che non funziona ed emana un gracchio inascoltabile. Comunque il Torino ritarda di un’altra ora e mezza. Molti passeggeri in attesa, con l’aria rassegnata di chi ci ha fatto il callo, biascicano: «Succede quasi sempre così: si vede che sul 16.35 siamo in pochi e, per risparmiare, ci accorpano su quello delle 18. C’è sempre una scusa». Bene, penso: almeno così si rende la vita difficile a eventuali terroristi, prima di dirottare Alitalia ci penseranno mille volte. «Spero che Alitalia fallisca e la compri Aeroflot: peggio di noi, i russi non potranno ridurla». Un tizio mi corregge: «Guardi che Aeroflot s’è ritirata oggi, non ci vogliono neanche quelli». «Allora spero in un’Opa della compagnia dell’isola di Pasqua». Vado a fumare nel loculo dei viziosi, tanto all’imbarco manca un’ora. Torno dopo 10 minuti: il gate è deserto. Cancellato anche questo volo? No, «imbarco terminato». Il ritardo di un’ora e un quarto è stato anticipato di mezz’ora. Magari, se resto a terra, mi stabilisco qui, come Tom Hanks. La mia faccia impietosisce la signorina, che mi imbarca. Atterro a Torino che son quasi le 19.
A casa arrivo alle 20. «Papà, ma non dovevi arrivare dopopranzo?». Il Tg1 annuncia la novità del giorno: accordo bipartisan destra-sinistra sull’emergenza intercettazioni. Ecco finalmente il vero problema del Paese. La vera priorità. Siamo in buone mani.
Travaglo, non fumare che ti fa male e ti fa perdere gli aerei e respirare l'aria aperta di Napoli.
che bello se travaglio anzichè ste minestrine da "quando c'era lui caro lei", si cimentasse in un articolo inchiesta sui legami tra bassolino la locale editoria e la locale procura. Forse ci troverebbe il motivo per cui, mentre i suoi sudditi muoiono dalla puzza, "o goveratore" rimane mondo da qualsiasi critica. Anzi, non viene mai, dicasi mai, nemmeno nominato. Ben si può immginare il culo che verebbe (giustamente) fatto a formigoni in una situazione 1000 volte meno... fetente che interessasse la lombardia.
Giuseppe, ovvero la voce della verità.
ecco un'altra priorità, qualora la notizia venisse confermata significherebbe che siamo senza tema di smentite alla frutta:
http://www.mentecritica.net/lezioni-di-coerenza-mastella-non-vota-i-dico-ma-manda-a-friggere-un-italiano/border-zone/mc/692/
guarda che Travaglio ha più volte denunciato gli intrallazzi campani del gruppo bassoliniano, sia in tv da Santoro, ad Anno Zero, che nei suoi articoli.... anzi se non sbaglio in uno di qualche settimana fa chiedeva proprio le dimissioni di Bassolino per lo scandalo rifiuti, se qualcuno ricorda dove è stato pubblicato e lo recupera lo metta sul sito...
Io ho trovato questo sito con una raccolta degli articoli di Travaglio.
http://banane.splinder.com/
Senz'altro il suo problema principale non e' stato Bassolino, ma non credo che l'abbia fatto per "coprire le sue colpe", quanto perche' non puo' in Italia ci sono talmente tanti malfattori che un giornalista non basta.
A proposito, cosa hanno scritto i soloni di destra del mezzogiorno su Bassolino?
Marco Travaglio è la cosa migliore che sia capitata all'italia negli ultimi 10 anni.
forse chi l'ha fatta capitare è ancora meglio.
Pensavo anch'io fosse un articolo su Napoli e sui misfatti di Bassolino&C... invece si parla di aerei.
Vabbè, di Napoli c'è sempre modo di parlare... Per quanto riguarda gli aerei, Alitalia dovrebbe fallire e basta, mi dispiace per chi ci lavora, ma non si può continuare a vendere biglietti aerei a 300-400 euro a tratta per poi riservare questi trattamenti ai clienti (con un treno ci si mette di meno ad arrivare a Torino); non si può pagare 3 milioni di euro l'anno ad un manager che porta l'azienda al fallimento. Non si può e non si deve. Si faccia fallire l'azienda e poi si faccia un piano per venderne le strutture (impianti, aerei, infrastruttura informatica) a qualche compagnia seria, con clausole per la riassunzione di buona parte dei dipendenti.
Comunque, per la cronaca, anche con compagnie minori (Alpieagles sulla tratta Napoli-Catania, per esempio) i problemi sono analoghi; l'unica differenza è che Alpieagles ti chiede 30-50 euro a tratta (da Napoli per Catania con Alitalia non spendi meno di 250 euro a tratta).
A proposito, sarebbe il caso che quando viene pubblicato l'articolo di Travaglio si ricominciasse a discutere del contenuto e non dell'autore, francamente questa questione TravaglioSì-TravaglioNo ha un po' rotto...
qualora servisse ecco un'altro sito dedicato a Marco...
http://www.vivamarcotravaglio.splinder.com/
Da Il Giornale.it di oggi:
Su Antonio Bassolino (articolo di Giancarlo Perna sul Giornale di lunedì) si può aggiungere qualcosina per far capire come sia presente e radicata la «questione morale» che Franco Giordano, segretario di Rifondazione, ora e solo ora imputa al partito di D’Alema e Fassino.
Il dato che ci fa capire un po’ di cose è il numero delle società partecipate della Regione Campania: sono 37, il doppio del Piemonte e il triplo di quelle del Lazio. Sono costate 100 milioni di euro, solo per metterle sul mercato, hanno 255 amministratori, 6.000 dipendenti, ai quali vanno aggiunti i 7.400 della Regione. I conti: 43 milioni di perdite e 7 milioni di utili. Un disastro, ma utilissimo a chi ha il potere. Lo ha spiegato benissimo Massimo Villone (autore con Cesare Salvi del libro Il costo della democrazia) partecipando alla trasmissione Report sullo scandalo rifiuti in Campania. La conduttrice, Milena Gabanelli, chiede perché un amministratore ricorre alle società partecipate. Ecco la risposta di Villone: «Supponiamo che io sia un sindaco, un presidente di Provincia o un governatore. Ho avuto una campagna elettorale difficile e costosa, ho i miei ambienti di riferimento: amici, sostenitori, squadre di volontari, imprenditori vicini. Ora si aspettano che io dia delle risposte. Cosa faccio? Mi rivolgo al dirigente messo là dalla giunta precedente, persona perbene, rigorosa, pignola, che spacca il capello in quattro e dice che la pubblica amministrazione non deve fare favoritismi. Il dirigente ideale. Ma per me è un problema. Cosa faccio? Lascio lì il dirigente, però riorganizzo l’amministrazione. Prendo pezzi degli uffici, li sposto, faccio un altro dipartimento, un’altra area. Le cose che mi interessano le metto da un’altra parte; il dirigente sta lì, ma non si occupa più delle cose mie. A capo di questa nuova struttura metto un nuovo dirigente, un esterno assunto a contratto, naturalmente un amico. Nei procedimenti che mi interessano, che producono gli atti che mi interessano, metto un comitato di esperti e nel comitato di esperti sono tutti amici miei. Posso fare anche un’altra cosa. Prendo un pezzo di attività che mi interessa e lo esternalizzo. Lo metto in una società a partecipazione pubblico-privato, in una Spa in cui io partecipo come ente. Mi nomino il presidente, mi nomino i consiglieri di amministrazione, i revisori, i sindaci, sempre amici miei; gente di cui mi fido. E poi come effetto collaterale, se devono svolgere questa attività, magari fanno un po’ di assunzioni, faccio assumere quei 30-40 giovanotti che mi hanno dato una mano ad attaccare i manifesti in campagna elettorale. In tutto ciò nessun illecito. Non firmo una carta, non tocco nessuno, niente tangenti, niente mazzette, si orienta l’amministrazione verso un risultato: la produzione del consenso».
In Campania le giunte rosse fanno tutte così.
Posta prioritaria di Marco Travaglio ad Anno Zero
Gentili on. Prodi e Berlusconi,
approfitto dell’ultima puntata, alla vigilia delle vacanze, perché non so se a settembre ci sarete ancora, intendo dire se sarete ancora il premier e il capo dell’opposizione. Da qualche tempo, mentre beccate fischi un po’ ovunque, avete sviluppato un olfatto sensibilissimo e avvertite una certa puzza, anche se non avete ancora capito da dove arriva. Lei, Berlusconi, parla di “spazzatura”. Lei, Prodi, di “aria irrespirabile”. D’Alema, bipartisan, parla di “spazzatura” e di “aria irrespirabile”. Ma vi riferite alle intercettazioni e ai verbali delle scalate bancarie e della Rcs, ai giudici che li han raccolti e ai giornali che li pubblicano. Invece il cittadino comune, quando sente quelle parole, pensa all’aria delle nostre città, agli appelli inascoltati sulle emissioni inquinanti, alla monnezza accatastata in Campania, ai milioni di ecoballe che nessuno smaltirà mai e a tutte le ecoballe che i politici raccontano.
La stampa ha molte colpe, ma non quella di criticare troppo i potenti. Semmai di criticarvi troppo poco. Se in questi anni giornali e tv avessero chiesto conto per tempo ad Antonio Bassolino, che da quasi 15 anni regna e governa su Napoli e la Campania prima come sindaco, poi come governatore e commissario di governo ai rifiuti, forse l’avrebbero costretto a gestire un po’ meglio il dramma della monnezza. O magari a dimettersi. Invece tutti a glorificare il “miracolo napoletano” e Bassolino è stato addirittura promosso con la Jervolino tra i 45 saggi del Partito democratico. Ma lo stesso vale per gli altri 4 commissari di governo, alcuni di destra come Antonio Rastrelli di An, che si sono succeduti nell’ultimo decennio. A proposito: che senso ha sciacquarsi la bocca col “primato della politica” e poi scaricare le responsabilità su commissari straordinari, esponendoli ai linciaggi delle popolazioni prese in giro ed esasperate dall’aumento dei tumori al pancreas, ai polmoni e ai dotti biliari (+12% della media nazionale) e delle malformazioni fetali (+80% che nel resto d’Italia), dall’inquinamento delle falde per discariche abusive e i bidoni interrati dalla camorra? Magari, con più “spazzatura” sulla stampa, ora avremmo meno spazzatura in strada.
La tragedia è che, sui problemi ambientali, nessuno può dare lezioni a nessuno. Il leggendario Lunardi nel 2001 stabilì che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non erano più da considerare rifiuti anche se altamente contaminate: come dire che il veleno, d’ora in poi, si chiama aranciata. Poi il suo governo, on. Berlusconi, ha varato un devastante condono ambientale e uno edilizio e s’è sdraiato sulla linea di Bush che sabotava il Protocollo di Kyoto, mettendo l’Italia in coda all’Europa, dove tutti i politici si occupano dei problemi ambientali.
Due settimane fa lei, on. Prodi, ha vantato come strepitoso successo il penoso compromesso del G8, che ha rinviato al 2012 l’accordo sui gas serra e al 2050 il loro dimezzamento, peraltro senza vincoli né sanzioni per chi trasgredisce. E quando l’Ue ha bocciato il piano italiano sulle emissioni di CO2, intimando alle nostre industrie di ridurle di un altro 6%, il ministro Bersani ha risposto che con le sanzioni “si puniscono le imprese italiane”: più sprezzante di Montezemolo e dei petrolieri. Bersani è un sostenitore del carbone, modernissima fonte energetica che ci consentirà di lanciare presto una nuova avanzatissima professione: lo spazzacamino.
Forse, se la gente vi contesta dappertutto, è anche perché con la gente non ci parlate mai. Cianciate tanto di federalismo, di territorio, ma chi vi ha mai visti, sul territorio? Quando mai siete andati a spiegare il perché della base Usa o del Tav? Lunardi liquidò il caso Valsusa “un problema di ordine pubblico”. Pisanu mandò la polizia coi manganelli, salvo poi fermare i cantieri per non sostituire le ruspe coi carrarmati. Ora che Di Pietro ha aperto un dialogo con le popolazioni, la tensione è subito calata.
Il fatto è che sul cosiddetto “sviluppo” a base di asfalto e cemento si registrano prodigiosi trasversalismi fra destra e sinistra: nel Tav ha lavorato l’impresa del ministro Lunardi e lavoreranno le coop rosse. Forse questa politica che si occupa di banche e di affari, e ora addirittura lo rivendica come cosa buona e giusta, non ha le mani completamente libere, quando deve prendere decisioni fondamentali per l’aria che respiriamo e la vita che viviamo. C’è un conflitto d’interessi tra i nostri polmoni e i nostri politici che scalano le banche, fanno i costruttori e sponsorizzano le coop. Esattamente come, nella Prima Repubblica, non si poteva potenziare il trasporto su rotaia e su acqua perché la Fiat doveva intasare l’Italia di auto. L’ambiente non è di destra né di sinistra. Eppure, invece di adottare politiche bipartisan per l’ambiente, le politiche bipartisan sono quelle contro l’ambiente. Due domande, per finire.
1) Provate a guardare alla stampa con occhio diverso, soprattutto con quella che vi costringe a confrontarvi con la gente e il territorio. Noi quest’anno abbiamo dato voce all’Italia dei senza voce: alle popolazioni di Serre, Tarquinia e Vicenza, alle fasce più deboli che si sentono minacciate dal precariato, dal caro casa, dalla criminalità ingigantita dall’indulto. Voi non siete mai venuti a confrontarvi con loro. Vi siete rinchiusi nelle vostre torri d’avorio o avete preferito altri salotti ben più confortevoli. Tipo Ballarò, dove D’Alema può zittire così il conduttore che gli fa una domanda: “Lei non si preoccupi!”, come Totò che diceva: “Si lasci servire da me, ho fatto 3 anni di militare a Cuneo”. A settembre, se ci sarete ancora, pensateci: qui non incontrerete giornalisti in ginocchio, veline, plastici della villa di Cogne col contorno di mestoli, zoccoli e zoccole. Ma qualche pezzo di paese reale. Non è meglio incontrarla subito, la gente, invece di
aspettare che vi insegua, vi raggiunga e vi fischi? Un tempo eravate voi a dire “lei non sa chi sono io”. Oggi sono i vostri elettori che lo dicono a voi.
2) A settembre, se ci sarete ancora, perché non organizzate un bell’accordo bipartisan sull’ambiente? Anziché inciuciare per scalare le banche e i giornali, per l’indulto e le leggi contro la giustizia o contro la stampa che racconta gli scandali, perché non fate una bella Bicamerale per rendere più respirabile l’aria? Sarà l’unico inciucio che la gente non fischierà. Anzi, potrebbe persino applaudirvi.
In attesa di un cortese riscontro, che per esperienza difficilmente arriverà, vi auguro buone vacanze. Ci vediamo a settembre, se ci sarete ancora.
MARCO TRAVAGLIO