Il tempo dell’antipolitica
di Giuseppe Tamburrano
Il momento che vive il nostro Paese è grave. C’è chi teme che l’antipolitica provochi il collasso del sistema. Ma l’antipolitica, figlia della politica, è rappresentata non solo dalla destra, sulla cui opposizione meramente distruttiva non c’è bisogno di soffermarsi, ma anche dall’immobilismo del governo sempre più spesso criticato da esponenti della maggioranza con argomenti e richieste non di rado contraddittorie, il che aggrava la paralisi.
Quando grandi sono le difficoltà è regola aurea tentare di sollevarsi sulle dispute e cercare le cause del malessere. Un sasso nello stagno, il cahier de doléances di Gravagnuolo è stato, secondo tale regola, salutare.
Forse l’elenco di ciò che la sinistra non può essere non è completo, ma è superfluo girare il ferro nella piaga.
Io vorrei sollevare una questione che sta a monte. Si interroga Gravagnuolo: «La sinistra è andata smarrita senza che ce ne accorgessimo?». E si, è andata smarrita! Ma ce ne siamo accorti e come. Con il crollo del comunismo e con l’esaurimento del welfare, la sinistra, nelle sue versioni storiche, ha perso la bussola. Il crollo del comunismo ha rivelato a chi non lo aveva capito che quel movimento non era un movimento di liberazione; l'esaurimento del welfare ha mostrato che, non ostante tutte le riforme sociali realizzate, esso non era una tappa verso una nuova società socialista: il Piano Meidner di Olof Palme è stato il “canto del cigno” del riformismo socialdemocratico.
Il fine - che ha qualificato i movimenti socialista e comunista - è evaporato, svanito. E persa la bussola la sinistra “è andata - appunto - smarrita”. Tutti si sono dunque accorti che il comunismo è crollato riducendo in macerie le sue illusioni e i suoi inganni. E tutti si sono accorti che sulla chimera riformista della socialdemocrazia trionfava la signora Thatcher. Ma non sono stati tratti i necessari insegnamenti. E quanti hanno ammonito: non si può non fare i conti con la storia: o si inventa un nuovo socialismo o lo si dichiara estinto, hanno predicato ai sordi. Non si è capito - o voluto capire - che questa era la vera questione: alcuni hanno raccontato il loro fallimento personale in importanti bestseller. E i partiti hanno continuato a dichiararsi “di sinistra”, socialisti o addirittura comunisti.
Nei fatti, rotta la bussola, quei partiti si sono convertiti alle idee, o meglio, alle prassi del mondo che volevano trasformare: all’esistente, visto che non c’era di meglio. E questo è il cosiddetto pensiero unico. “Pensiero” forse è un eufemismo. Perché quei partiti non hanno studiato Adamo Smith o Milton Friedman e si sono convertiti al liberismo. Lo hanno accettato globalmente nella realtà del capitalismo dei padroni e dell'establishment: partiti di potere, senza visione.
In questo percorso la costituzione del partito democratico è l’approdo: la sanzione che la sinistra, cioè la Quercia, ha concluso il suo ciclo, facendo cadere le ultime vestigia formali del suo passato.
Può fermarsi il processo, è possibile una conversione a “U”? Sarebbe uno choc gravissimo. I dirigenti tutti a casa e vengono richiamati Mussi e Angius? E perché D'Alema, Fassino e tutto il gruppo dirigente dovrebbero tornare indietro? Per fare i conti con la storia e dare vita ad un partito realmente socialista? Troppo bello per essere vero. Eppure ragioni di ripensamento ve ne sono a josa.
Si sostiene che la nascita di un partito al posto di due “semplifica” il nostro sistema partitico frammentato. Epperò, intanto è nato dalla Quercia un nuovo partitino, la “Sinistra democratica”, e Pezzotta farà la parte sua sulla Margherita.
Si afferma che i due partiti uniti, nell’Ulivo, prendono più voti della somma dei suffragi dei partiti separati: il cosiddetto valore aggiunto. Nelle recenti elezioni amministrative l’Ulivo non ha rivelato nessun valore aggiunto, il progetto del partito democratico non ha esercitato una particolare attrazione sugli elettori.
I protagonisti dell’operazione negano che il partito democratico sarà una somma di apparati: esso - dicono - sarà un partito nuovo. Sta di fatto che fin ora si discute - diciamo “animatamente” - solo di organigrammi. Intellettuali quasi tutti estranei alla vita dei partiti hanno elaborato un Manifesto di cui si sono perse le tracce (e non è una grave perdita!). Ma allora quali sono le idee, i valori, il progetto, in una parola l'identità di questo partito nuovo? E tornando al tema del dibattito: sarà di sinistra? Ho forti dubbi.
“Che fare?” Se siamo giunti alla conclusione che un progetto di mutamento radicale della realtà è fuori del mondo così com'è mettiamoci l’animo in pace: il socialismo è un caro estinto. E rinunciamo a criticare la sinistra perché non è quella che dovrebbe essere o perché è quella che non dovrebbe essere: manca il soggetto, la sinistra non c’è più. Se invece crediamo che la storia non è finita e che questo mondo non è giusto, non è libero, che può essere cambiato profondamente e che vi sono le forze e i mezzi per farlo (condivido l’articolo di Prospero) discutiamo di questo, in positivo: di un nuovo socialismo.
Sono come i polli di Renzo. Proprio l'altro giorno ho appreso che stanno sorgendo casini anche con le Feste de l'Unità, che si contrapporranno alle nuove "Feste Democratiche", con la più totale confusione su chi organizzerà cosa, chi prenderà i soldi e così via. Per approfondimenti:
http://ilnuovo.redaweb.it/seconda.php?key=17035
Sono come i polli di Renzo. Proprio l'altro giorno ho appreso che stanno sorgendo casini anche con le Feste de l'Unità, che si contrapporranno alle nuove "Feste Democratiche", con la più totale confusione su chi organizzerà cosa, chi prenderà i soldi e così via. Per approfondimenti:
ilnuovo.redaweb.it/seconda.php?key=17035
Chiedo scusa per il post doppio, credevo che il primo fosse andato perso. Questa storia dei commenti che contengono i link che devono essere approvati è assai fastidiosa.