UNO SCHIAFFO ALLA LIBERALIZZAZIONE
di FILIPPO AZIMONTI
È un crudele contrappasso quello che ha portato ieri a Milano Pier Luigi Bersani a discutere di capitalismo nel giorno in cui un altro pezzetto del suo decreto, che pure aveva garantito qualche popolarità al governo Prodi, veniva definitivamente smontato.
Dopo le "vittorie perdute" su telefonini, notai, mutui bancari, benzinai e farmacisti, ecco l´ennesima sconfitta: quella inflitta a Bersani dalla lobby dei tassisti. Per loro la "lenzuolata" prevedeva la possibilità di acquistare le licenze, assumere guidatori per prolungare i turni, togliere dal mercato nero le licenze, arruolare guidatori per eventi eccezionali, sviluppare nuovi servizi di trasporto più o meno collettivo. Cos´è rimasto di tutto questo dopo la negoziazione incautamente demandata alle amministrazioni locali? Nulla. Quale il vantaggio per il cittadino utente? Nessuno, anzi un aggravio dei costi del servizio. Più 13% sulle tariffe urbane, grasse tariffe sulle utenze business da e per Malpensa e Fiera e un ci «penseremo» sul principe degli scali low cost, Orio al Serio, causa congestione strutturale dell´A4, che vuol dire 85/100 euro per imbarcarsi su un volo da 69 euro per quasi ogni destinazione europea. La merce di scambio parrebbero i controlli che non si sono mai fatti e, dunque, continueranno a non farsi: tassametri truccati, lotta agli abusivi, verifica dei turni - sgradito alla lobby la vigilanza satellitare - servizio ai parcheggi desertificati. Per non parlare della sempre futuribile centrale unica di prenotazione. Cosa rimane della liberalizzazione? Nessuna nuova licenza, 60 auto su oltre 4mila sulle strade 24 ore su 24, 180 che sperimentano il 6+6 (ore di servizio). Restano i tassisti, non abusivi, di Linate che praticano il cambio euro dollaro 1 a 2: per loro 50 euro valgono al tassametro 100 dollari. È una truffa. Chi la sanzionerà?