Una vicenda insidiosa e la tentazione del premier
di Massimo Franco
Sotto voce, da Palazzo Chigi fanno sapere che non c'è una posizione di Romano Prodi sulla sorte di Vincenzo Visco. Il presidente del Consiglio aspetta di capire quale sarà l'evoluzione dell'inchiesta della magistratura sul viceministro diessino dell'Economia; ma anche se l'Unione è pronta a sacrificare l'uomo-simbolo delle tasse in una fase segnata dalla volontà di mostrare un governo che giura di voler dare, non più prendere. L'impressione è che, al di là di una prudenza obbligata, la tentazione inconfessabile sia di spingere Visco a farsi da parte.
Per Prodi, il vice di Tommaso Padoa- Schioppa sta diventando ingombrante. La coda giudiziaria del caso che ha portato alla rimozione del capo della Guardia di finanza, Roberto Speciale, non promette nulla di buono. Il caso, che sembrava chiuso, potrebbe rotolare di nuovo fra i piedi del centrosinistra con un ricorso del generale al Tar, il tribunale amministrativo regionale. E l'opposizione se ne sta servendo per tenere sotto pressione il premier, nella speranza di accelerarne la caduta. La soluzione, tuttavia, appare tutt'altro che facile.
Senza il consenso dello stesso Visco, la sostituzione si presenta complicata. E pochi scommettono sulla sua disponibilità a compiere un gesto che lo mostrerebbe sconfitto, sebbene non colpevole. Ancora, c'è chi ritiene sbagliato farlo dimettere in quanto indagato. Sarebbe prova di scarso garantismo. E poi, sostiene il comunista Oliviero Diliberto, con questo metro «Silvio Berlusconi si sarebbe dovuto dimettere 1500 volte». Ma oltre agli ostacoli caratteriali e di principio, pesano calcoli squisitamente politici.
L'allontanamento di Visco avverrebbe poche settimane dopo la difesa quasi eroica fattane da Padoa-Schioppa in Senato. Per questo, prima di compiere qualsiasi mossa Prodi vuol parlare col titolare dell'Economia. Ancora, il viceministro è il garante dei diessini su un fronte strategico come quello del fisco e della finanza. E i suoi non numerosi sostenitori sono pronti a difenderlo dicendo che se adesso il governo può parlare di «tesoretto» e pensioni, è grazie agli odiati provvedimenti di Visco: hanno permesso di rimpinguare un po' le casse dello Stato. Per questo i prodiani ammettono che «non sarà un passaggio facile».
Né si capisce chi potrà persuadere il controverso viceministro al passo indietro. Il presidente del Consiglio potrebbe chiedere un intervento su Visco ai vertici diessini. Ma ci sono tensioni anche su quel fronte. Basta registrare il no del vicepremier Massimo D'Alema all'abolizione dello «scalone» sulle pensioni: un avvertimento, giustificato dalle critiche europee al Dpef italiano, a Rifondazione ma anche a Prodi che sta cercando un compromesso. Alla fine, sul futuro di Visco peseranno l'istinto di sopravvivenza del governo; e la nuova fase che si è aperta, con l'obiettivo tacito di consegnare all'oblio il cliché del «governo delle tasse».
se lo allontana adesso, non vado di certo più a votare per questi buffoni. hanno già cambiato idea sull'evasione fiscale?
Se non ricordo male, nel 2002 il ministro dell'economia di allora, un certo Tramonti?Tresamonti? Testadicazzomonti?..... TREMONTI! fece la stessa cosa che ha fatto, a suo tempo,Visco.