La maledizione del petrolio
«È importante che ci rendiamo conto che dal punto di vista della sicurezza energetica, dei nostri interessi di sicurezza, è importante che il Medio Oriente e in particolare l'Iraq siano tenute in condizioni di sicurezza sostenibili... Pensate cosa succederebbe alle forniture di petrolio dal Medio Oriente se ci ritirassimo dall'Iraq», ha sostenuto in un'intervista. Non diceva granché di nuovo, non c'è bisogno del bambino per sapere che il re è nudo, che il petrolio è importante, può valere bene una guerra, e che con la guerra in Iraq il petrolio c'entra qualcosa. Ma petrolio resta una parolaccia, anche nell'eufemismo più fine «sicurezza energetica», e il primo ministro John Howard si è affrettato a zittire e smentire il suo troppo loquace e sboccato ministro: «Non siamo in Iraq, e non ci siamo andati, per il petrolio. Sì, il petrolio viene dal Medio oriente, questo lo sappiamo tutti, ma la ragione per cui siamo lì è dare al popolo dell'Iraq la possibilità di abbracciare la democrazia».
Petrolio sarà pure una parolaccia, ma fingere che non c'entri nulla con l'Iraq è talmente osceno che non fa nemmeno ridere. Che senza petrolio le economie occidentali muoiono, e che la maggior parte del petrolio, specie quello consumato dall'America, viene ancora dal Medio Oriente, è un dato di fatto. Persino Bush ha dovuto recentemente ammettere che il grosso problema di cui l'America deve curarsi è la sua «tossico-dipendenza» dal petrolio. C'è chi è più tossico-dipendente di altri. Ma nel vizio ci sono, ci siamo tutti. Usa, Europa, Cina, Giappone, India, consumano il 60% del petrolio mondiale. Gli Usa dipendono dalle importazioni per il 65% del loro consumo, la Cina per il 55%, l'India per il 70%, l'Europa per il 90%. Giappone e Italia per il 100%, insomma devono importare tutto il petrolio che consumano. A differenza del Giappone, noi a suo tempo ci siamo anche tagliata la possibilità di ricorrere ad una importante fonte alternativa, e peraltro molto meno inquinante, l'energia nucleare. Figurarsi se possiamo dire che non ce ne frega niente del petrolio. Fa tremare i polsi immaginare chi sgomiterà, rischiando di fare addirittura la guerra per garantirsi quota e prezzo di una risorsa che potrebbe presto scarseggiare. Il premier australiano ha detto che il pericolo è la Cina. C'è solo da sperare che non caldeggino una futura guerra contro la Cina assetata di petrolio e impermeabile alla democrazia, con lo stesso entusiasmo con cui hanno caldeggiato l'intervento in Iraq.
Questa maledetta guerra in Iraq, e tutta la politica seguita sinora, non ha portato né il petrolio né la democrazia. Né la sicurezza energetica né la sicurezza dal terrorismo. Né la stabilità economica né la stabilità in Medio oriente. Il miglior cervello dei neo-cons, lo sfortunato Paul Wolfowitz, da n.2 del Pentagono, nel 2003 aveva spiegato al Congresso Usa, non a quattro fessi, che «l'Iraq galleggia su un mare di petrolio» e che, una volta liberato il Paese dalla dittatura di Saddam e rimessi in funzione i pozzi, «il reddito da petrolio (dell'Iraq) potrebbe rendere tra 50 e 100 miliardi di dollari nei prossimi 2/3 anni, cioè abbondantemente finanziare la ricostruzione, e rapidamente». Di anni ne sono passati 4 e l'Iraq continua a pompare meno di 1,6 milioni di barili al giorno, meno di quanti ne estraeva prima della guerra. Tra attentati agli oleodotti e ai pozzi, minacce di sciopero, impraticabilità delle strade, ruberie di massa e corruzione, a finanziare la ricostruzione non ne arrivano forse nemmeno gocce. Altro che pagarsi le spese sostenute, il petrolio iracheno forse non basta neppure a soddisfare quel che il Pentagono consuma per riempire i serbatoi dei propri mezzi. Citando un rapporto del Pentagono, lo studioso americano Michael T. Klare, autore di Blood and Oil, un documentato bestseller su «Pericoli e conseguenze della crescente dipendenza dell'America dal petrolio», ha recentemente pubblicato un articolo in cui si calcola che, tra navi, caccia e bombardieri, carri armati, humvee e aria condizionata, ognuno dei 162.000 soldati Usa in Iraq, dei 24.000 in Afghanistan e degli altri 30.000 sulle navi nei dintorni, consuma oltre 60 litri di benzina al giorno, che fa, equivalente, su base annua, al consumo di petrolio di un Paese, povero sì, ma con 150 milioni di abitanti, come il Bangladesh. L'intero consumo delle forze armate Usa supera quello della Svezia. Hanno sbagliato tutti i calcoli, ancora al tempo della pur tecnologica prima guerra nel Golfo, consumavano per ogni soldato un quarto di quel che consumano adesso, la proiezione è che tra qualche anno potrebbero finire col consumare più benzina di quella che con gli interventi militari sono riusciti ad assicurare. Quando c'era la minaccia Saddam, il petrolio si avvicinava ai 15 dollari a barile, e sembrava insopportabile per le economie; oggi, dopo la guerra che avrebbe dovuto garantirne forniture illimitate e a buon mercato, viaggia oltre i 70, potrebbe arrivare a 100.
Quanto alla stabilità in Iraq, la situazione attuale potrebbe essere rose e fiori rispetto a quel che si rischia se le etnie e le componenti dell'Iraq inventato dagli inglesi negli anni 20 e tenuto insieme da Saddam coi metodi che conosciamo, curdi e arabi, sciiti e sunniti, dovessero mettersi a litigare di brutto, oltre che a massacrarsi periodicamente come già fanno, su a chi spetta il petrolio.
Uno dei corni del dilemma è che, oltre a trasformare in bestie chi non ce l'ha, non riesce a farne a meno e a sottrarsi alla dipendenza, teme di perderlo o che il vicino glielo porti via, il petrolio pesa come una maledizione anche, e forse soprattutto, su chi ce l'ha. In Iran, che nuota sul petrolio quanto l'Iraq, ci sono sommosse perché manca e sono stati imposti razionamenti per la benzina. Sono uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo, secondi solo a Riad, ma devono importare metà della propria benzina perché gli mancano le raffinerie. Sarebbe il colmo dell'ironia se un governo che si regge sul promettere l'atomica contro Israele, fosse travolto da una rivolta per il caro-benzina, l'equivalente moderno degli «assalti ai forni» di manzoniana memoria. Il caro-petrolio, e il continuare a pomparlo a tutto andare, non ha reso più felice, meno medievale e più democratica l'Arabia saudita, né il resto del mondo arabo, che continua ad essere in fondo alla graduatoria mondiale della crescita economica. Il Sudan, ricco di petrolio, è il teatro di uno dei peggiori genocidi di questi ultimi anni, in Darfur. Nigeria, Ciad e Siria, non brillano per progressi della democrazia, e nemmeno economici, malgrado l'aumento dei prezzi del petrolio che c'è stato in questo anni. E non giurerei sul Venezuela di Chavez...
Il caso più emblematico di tutti è quello della Russia di Putin. È diventato un Paese ricchissimo, grazie ai prezzi del petrolio, su cui si regge direttamente o indirettamente qualcosa come l'80% dell'economia russa: raddoppio del prodotto interno dal 1998, un sistema finanziario apparentemente solido, 33 miliardari russi nella lista dei 500 di Forbes. Eppure, è anche il Paese in cui nel XXI secolo la mortalità per malattie, incidenti, assassinii, suicidi, è cresciuta più che in qualsiasi degli altri 180 Paesi al mondo per i quali ci sono statistiche. C'è addirittura chi ha quantificato il modo in cui l'aumento della ricchezza da petrolio ha nuociuto alla Russia e alla democrazia. Col petrolio a 20 dollari al barile, si parlava ancora di crescita della democrazia in Russia, Putin poteva essere considerato non peggio dei suoi predecessori. Col petrolio a 70, si ha l'assalto di Putin e dei suoi servizi al monopolio del potere e delle compagnie petrolifere, scompaiono anche le fragili apparenze democratiche di prima, si passa ai ricatti energetici all'Europa e ai vicini, quasi si torna al clima della guerra fredda. Grazie petrolio, troppa grazia.
scusate l'autocitazione, ordine temporale.
http://www.movimentofisso.it/parole2.aspx?IdProd=44
http://www.movimentofisso.it/parole2.aspx?IdProd=63
occorre prendere coscienza collettivamente.
se uno ha un'idea, ha l'obbligo di trasmetterla a altri due almeno. e così via. passaparola, tamtam. quello che sappiamo fare. non affidarsi alla finta auctoritas (transitoria, peraltro) dei quotidiani. quella non resta.
trovo questo articolo pessimo per almeno due motivi; primo, ripropone la favola del nucleare come "importante fonte alternativa, e peraltro molto meno inquinante". Una bestialità. Il ciclo di estrazione, raffinazione, arricchimento, trasporto, immagazzinamento del combustibile nucleare brucia quantità di petrolio colossali. Per non parlare dei problemi legati alle scorie e del fatto che l'Italia dovrebbe importare dall'estero il... 100% del combustibile nucleare! Con una piccola differenza: mentre i produttori di petrolio sono decine, quelli di combustibile per centrali, se va bene, 3 o 4. Per chiudere il cerchio, l'energia nucleare è la più costosa e inefficiente (e pericolosa) tecnologia disponibile. Chissà perché questi genietti non parlano mai delle proposte di Rubbia, che tra l'altro ci darebbero l'autonomia energetica.
Secondo punto la Russia. Per semplificare, tutti i dati e i ragionamenti riportati sono sbagliati. Particolarmente risibile il concetto di "ricatti energetici". La Russia non ha mai ricattato l'Europa occidentale; ha semplicemente portato i prezzi praticati agli ex paesi del Patto di Varsavia a livelli un po' più vicini a quelli di mercato. Dov'è lo scandalo? Non dovrebbero essere i "riformisti" a essere felici per ogni trionfo di Sua Maestà il Mercato?
marco: "ripropone la favola del nucleare come "importante fonte alternativa, e peraltro molto meno inquinante". Una bestialità." e "Chissà perché questi genietti non parlano mai delle proposte di Rubbia, che tra l'altro ci darebbero l'autonomia energetica."
che mi risulti rubbia sostiene sia determinante sviluppare sia il solare che il nucleare: vedi ad esempio questa intervista su "la gazzetta di sondrio".
oltre a iniziative come il progetto archimede (centrale solare termodinamica), rubbia pensa possa essere molto importante in futuro anche la fissione nucleare del torio, "elemento molto diffuso in natura, Italia compresa, che avrebbe il vantaggio di ridurre a un millesimo il rilascio delle scorie e di superare il problema dei reattori, perchè avverrebbe in una sorta di bruciatore che si spegnerebbe automaticamente in caso di guasto".
sono pero' pienamente d'accordo sulo fatto che nella sua forma attuale il nucleare non risolverebbe minimamente il problema dell'autosufficianza energetica dell'italia e che sia tutt'altro che una fonte energetica pulita.
se non si trova un carburante alternativo (ma di reale successo) temo le cose continuino così..forse un nucleare meno pericoloso, l'idrogeno, boh..sicuramente non i pedali di rotafixa, l'eolico e simili.
Penso, comunque, che qualcosa verrà fuori. Il problema, credo, sia la resistenza delle grandi compagnie petrolifere nei confronti di una ricerca seria e riempita di quattrini per trovare la soluzione.
@Dedalus
Intanto con l'eolico puoi far partire la cosiddetta filiera dell'idrogeno,da recenti notizie la regione puglia (la + attiva in campo eolico) sta già lavorando su questo fronte
http://www.ecoage.it/in-puglia-la-filiera-dell-idrogeno.htm
Poi e' ora di ridimensionare leggende metropolitane quali improbabili complotti giudaico-massonici-petroliferi,per non parlare dei motori ad acqua fresca propagandati da quel genio mediatico di beppe grillo (c'e' ancora chi ci mette la mano sul fuoco sulla loro esistenza,tenuta ovviamente nascosta dalle lobby di cui sopra,e a cui anche un personcina accorta come il dedalus sembra dare credito)
gia',
quale interesse potrebbero avere tali organizzazioni caritatevoli e umanitarie?
non di certo il profitto, sarebbe troppo inumano in fondo. hanno a cuore solo il benessere dell'uomo e della natura.
ps i continui tentativi di corruzione degli scienziati che si occupano di global warming e' sono una malignita' messa in giro dalla potentissima e spregiudicata lobby ambientalista. le pressioni e influenze piu' o meno dirette sulla politica una pura paranoia. l'accaparramento di brevetti solo una passione da collezionisti. le guerre poi, una questione spirituale.
Sensi che gli stronzi esistano e' fuori di dubbio. Ma cio' non giustifica la credenza del motore ad acqua fresca.
E non spiega neanche come mai gli stronzi riescano a nascondere una cosa rivoluzionaria come il motore ad acqua fresca (sul quale chiunque potrebbe gadagnare moltissimo un'infinita') ma non riescano a complottare per far stare zitti chi parla del global warming.
Sensi il sarcasmo non ti si addice,vatti a leggere i dati dell'eolico in Germania e Spagna o degli investimenti in corso da parte di francia e Inghilterra sulle energie rinnovabili
La vetero dietrologia di cui sei portatore ahime' non ti permette di andare oltre il vetusto concetto di SIM (Stato imperialista delle multinazionali,per i più giovani)
fatto!
adesso leggi quali sono le nazioni che consumano di piu' e compara il volume delle fonti rinnovabili o pulite con quelle fossili.
Gli investimenti oltre che in ritardo direi che sono quasi obbligatori (anche per fini d'immagine).
se hai anche tempo rifletti sull'aumento di consumo (+ponti!) che si prospetta nei prossimi anni e, nuovamente, chi ne trae vantaggio.
oltre che l;utilizzo di altre forme di energia dovrebbero essere finanziati progetti che possano invertire la rotta dei consumi. da anni.
magari la mia fosse dietrologia.
oi sim sim sim
@ diddy
l'acqua la bevo, finche' sono in tempo.
su questa leggenda sei pero' riuscito a dire una caxata: secondo te un mezzo che utilizza una fonte energetica virtualmente gratuita rappresenterebbe un'occasione per guadagni infiniti???
Ovvio.
Tu una macchina che ad acqua non la compreresti al triplo di una che va a benzina?
http://www.thisismoney.co.uk/news/article.html?in_article_id=406680&in_page_id=2
Cioe'?
Sensi un due righe per giustificare un tuo link potresti anche spenderle: cosa intendevi dire?
che la shel ha interessi solo nell'estrazione del petrolio?
perche' se e' questo guarda questo link:
http://www.ogj.com/display_article/296501/7/ONART/none/Prong/Shell-to-boost-biofuels-R&D-investments/
oppure questo
http://www.energy-base.org/no_cache/english/home/newsdetail/article/162/92/neste/1.html
O forse intendevi dire che la shell e' cosi' potente che puo' ostacolare e scoraggiare chiunque voglia guadagnare creando una macchina ad acqua?
perche se e' cosi' guarda con chi dovrebbe fare la prepotente:
http://www.usatoday.com/money/companies/earnings/2006-02-07-toyota_x.htm
(ti ricordo che toyota ha puntato moltissimo sull'ecologico con prius e motori a basso consumo; pensa quanto guadagnerebbe se brevettasse un motore ad acqua)
oppure anche qui:
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A64599-2005Apr18.html
oppure
Tanto per citare le 2 piu' grosse (le case di automobili pero' sono molte molte di piu' delle societa' di estrazione petrolifera).
Ti ricordo che oltre a fatturati mostruosi questo tipo di industrie puo' contare su una influenza politica superiore rispetto alle petrolifere in quanto da lavoro a centinaia di migliaia di elettori.
In pratica se esistesse la macchina ad acqua (dimenticandoci per una attimo della termodinamica) ci sarebbero degli interessi molto forti che tenterebbero di nasconderla ... ma poteri altrettanto forti avrebbero interesse a tirarla fuori.
due righe:
la shell realizza profitti indegni grazie al combustibile, fossile, deperibile, limitato.
dove mi hai visto scrivere di macchine ad acqua?