Letta e il modello industriale. Lo preferisco a quello "etico" di Veltroni
Comunque vada la mattina del 15 ottobre lo scenario politico avrà un eletto, ma sarà tutta da decidere la strategia culturale e la fisionomia con cui risarà presentato un piano per lo sviluppo del Paese. Perché al di là del gioco sulle singole figure e sulle singole personalità, la questione è questa e lo è perché per cinque anni il tema dello sviluppo complessivo del paese, di un altro sviluppo, seppur presente nella riflessione politica e culturale della lunga stagione dell’opposizione di legislatura, non ha prodotto un modello. Per la sinistra di governo quel modello si è fermato al momento dell’Euro.
Di questo invece,il centro-sinistra ha bisogno. E di qualcuno che affronti con lucidità la questione dello sviluppo, delle forme e delle politiche di indirizzo in una realtà in cui si consumano tutele, competenze, welfare. In quella prospettiva la domanda da porre non è data dalla forma di equilibrio, ma dal processo di innovazione e di modernizzazione che siamo in grado di suscitare.
In questo senso è importante che rimanga sul tavolo e si affermi una candidatura di Enrico Letta. Non si tratta di immaginare una competizione tra persone. A sinistra noi non abbiamo bisogno di simboli. Abbiamo bisogno di intelligenze che rappresentano modelli di sviluppo. O almeno ipotesi di modelli di sviluppo.
Lungo l’asse della proposta e della candidatura Walter Veltroni c’ è un’ipotesi, che nasce dall’idea che l’Italia pst-inbdustriale sia un paese di produzione dell’economia del tempo libero.
E’ un paese che si riflette sull’ipotesi dell’economia dello spettacolo, della industrializzazione della cultura, sulla tutela dell’ambiente. E’ fondato sulla dimensione del flusso turistico, su una lettura dello sviluppo della Spagna in questi ultimi venti anni (la realtà sociale ed economica con cui con maggior attenzione è corretto che si pensi una analisi comparata da parte del sistema Italia) attraverso Barcellona. E’ la società della notte quella che detta gran parte dell’immaginario sociale e della politica e dell’economia di questo modello. Significa culture dei diritti individuali, riorganizzazione del tempo, riconoscimento dei diritti di accoglienza, politiche di sostegno per le economie di sussistenza secondo il modello della banca etica. E’ una linea che Walter Veltroni ha già abbozzato nel periodo della sua Segreteria dei Ds (allora Pds) alla fine degli anni ’90. la sua icona è una società del benessere a sviluppo controllato e bilanciato
Dall’altra parte, nel profilo di idea di sviluppo di Letta, sta il modello del distretto industriale, della prevalenza della ricerca (un modello già abbozzato insieme a Pierluigi Bersani nel volume Viaggio nell’economia italiana, Donzelli) E’ lo sviluppo fondato sulla diffusione della fibra ottica, del sistema rete, dove prevalente è la società dell’informazione. E’ la società del network di ricerca della geografia delle interconnessioni tra poli diversi dello sviluppo e dove il tema centrale è dato dal superamento delle paure degli italiani, ovvero paura del declino, timori sulla non-crescita. Lo sguardo sulla Spagna, in questo caso, investe i processi di informatizzazione e di robotizzazione del paese. Da noi vuol dire la ripresa della linea industrialista della sinistra italiana e dello sviluppo dei distretti economici come poli di eccellenza. E vuol dire un’Italia che ha anche uno sguardo attento a un sistema federale non delle piccole, regioni amministrative o delle aree corrispondenti agli antichi Stati italiani, ma ai distretti economici pensati in un sistema europeo. Il problema del Nord non c’è solo come questione specifica, ma come composizione di aree di sviluppo transregionale e non solo locale.
Il centro-sinistra per parlare al Paese ha bisogno di entrambi questi percorsi, ma ha bisogno di scegliere quale assumere come prioritario. Le ragioni stanno dalle parti del modello Letta.. Del modello Veltroni occorre salvaguardare gli ambiti del diritto. Ma se vogliamo ragionare in termini di nuovo sviluppo è al modello del distretto industriale che occorre guardare. Perché è anche quello che consentirà di coniugare lo sviluppo con l’auspicabile reincontro con quel sapere scientifico, sperimentale, oggi punito e castigato in nome dell’antiscienza, dell’antidarwin che gira in gran quantità in un paese che da decenni ha mandato in soffitta la ricerca scientifica e la sperimentazione. Se vogliamo avere un futuro, noi dobbiamo dare spazio alla ricerca scientifica. E la ricerca scientifica è figlia di una scelta che punta sull’industria, sul sistema dei distretti. Il modello Veltroni, invece, implica una scelta di etica che spesso, pur con intenzioni encomiabili e apprezzabili, finisce per riproporre l’ “idedologia italiana”.
Per questo è cruciale che la competizione del 14 ottobre veda misurarsi tra loro più di un attore e più di un’ ipotesi di crescita. Il problema non è la democraticità formale di un confronto. E’ la sua sostanza. E questa sta nella discussione intorno ai criteri e ai parametri che consentano di decidere del modello di sviluppo per domani. Di questo alla fine si tratta quando si riflette sulla fisionomia e sulla ragione politica del partito democratico.
di
David Bidussa
fonte: il Riformista
11.07.07 12:57 - sezione
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