Quest’anno non lo so, ma un paio d’anni fa a scuola ci sono stati più di 20 aborti fra le alunne. Cifra già di per sé drammatica, ma è ancora peggio se si pensa che non tutte le ragazze avvertono i servizi sociali della scuola. Abbiamo visto che è soprattutto fra le ragazzine di 15 anni che le gravidanze non desiderate sono frequenti, e abbiamo deciso di chiamare un’associazione di psicologi che, con sovvenzioni dalla regione, vanno nelle scuole e mettono in scena pièces di teatro molto simpatiche e poi ne dibattono con i ragazzi. Dato che costava troppo, ci abbiamo portato solo le classi dei piccoli. Ogni insegnante doveva essere presente alla commedia e al dibattito per assicurare una certa disciplina. Io, nella mia infinita ingenuità, ho detto: Ma no, i ragazzi di fronte ai professori poi non si sentiranno liberi di fare domande sulla sessualità… Niente di più sbagliato, non gliene può fregar di meno.
Hanno imparato cosa è un preservativo, ad aprirlo e a sentirne la consistenza. Ero in assoluta ammirazione di fronte allo psicologo che non ha mai ceduto, riso, alzato la voce con i ragazzi che erano più che agitati. E poi le domande, per cui ho scoperto che per loro la pillola anticoncezionale protegge dall’AIDS; che i rapporti orali quando è per il piacere del maschio sono la cosa più geniale e di dominio del mondo, quando invece è per la donna fanno schifo e “se so che mia sorella si fa fare una cosa così la ammazzo, e poi io mai lo farei a una donna, fa troppo schifo”; che questo rapporto orale per le donne “ha un nome, ma proprio non me lo ricordo, qualcosa tipo latino, forse curriculum vitae”; che quando una fa l’amore per la prima volta non può restare incinta, è scientificamente provato; che se poi ti lavi con un’essenza al limone disinfetti tutto, sperma, batteri e quant’altro. Cercare di fare lezione l’ora successiva è stata una delle cose più inutili e stancanti della mia vita.
Intanto, quattro mie allieve, di quelle brave e serie e studiose, confessano alla collega che il loro insegnante di francese dell’anno scorso le ha molestate. Si allerta il preside che crede alle ragazze, tutti gli insegnanti ci credono, e soprattutto le giovani colleghe che sono passate sotto le attenzioni morbose del tipo. Ma se per me mandare a quel paese un quarantenne molestatore è stato facile anche se fastidioso, per delle ragazzine che subiscono anche la sua autorità è difficilissimo e ribellarsi quasi impossibile. Lui quest’anno è assente perché finisce la tesi di dottorato e le ragazze si sono sentite tranquille per parlarne. In sala insegnanti tutti ne parlano, ma a bassa voce. I genitori purtroppo non fanno niente, quindi il collega denuncia il preside di diffamazione. Una collega scrive una lettera a tutti, la mette in sala insegnanti: chiede che sia fatta chiarezza: se è colpevole deve pagare ed essere allontanato; se è innocente, che sia chiarito il tutto e che si parli con le ragazze per cercare di capire perché hanno mentito. Nessuno pensa che le ragazze abbiano mentito, ma la lettera la firmano solo 7 donne, tutte fra i 26 e i 36 anni. Gli altri e le altre, sostenuti dai sindacati di sinistra, dicono che è una cosa che riguarda l’amministrazione e non il corpo docente. Tutti sanno che è vero, il collega è nel nostro liceo perché, nella scuola precedente, aveva fatto l’amore con una quattordicenne consenziente. Lo Stato per queste cose non licenzia, sposta un po’ più in là e mette la testa sotto la sabbia quando delle ragazze riescono a superare le loro paure e parlano. Quale fiducia dovrebbero avere nel corpo docente queste ragazze che fra due mesi vedranno nei corridoi del liceo il collega che avrebbero voluto denunciare, se solo fossero state più sostenute dagli adulti, insegnanti e genitori, che dovrebbero aiutarle a crescere? Poi ci stupiamo se non ci esprimono i loro dubbi sulla sessualità.
ndr: Il disegno di Rodin è tratto dal sito dell'Università di Princeton