ma scusate, è una presa in giro? mai sentite tante banalità e "luogocomunismi". David Bidussa ci dice per piacere come si organizza una società arcimboldesca, senza partire dalle regole di buon vicinato, dalla voglia di vedersi e conoscersi anche attraverso vetrine e canali privilegiati? che poi la nostra cultura sia il risultato di una continua mutazione/ibridazione è una cosa ovvia, che una società tollerante e multiculturale sia invece ipso facto una "società parcheggio" mi sembra un assioma assolutamente falso. Per funzionare stati e società complesse hanno bisogno di impegno, regole, tolleranza (che non è una parola brutta, anche se la si cerca di far passare per tale: non si fa unione delle culture con la tolleranza, ma è sicuramente il migliore ed unico modo per iniziare a farlo, se si prescinde da questo si fanno solo luminose astrazioni), non di generici richiami al multicultaralismo in cui "da lontano ogni cosa ha senso anche se non è nel posto dove si pensava". il problema è che le cose vanno anche viste, e vissute, da vicino.
Ah,il refuso all'inizio dell'articolo (LA MULTICULARITà) mi sembra davvero una sacrosanta rivincita del buon senso
il problema e' che siamo ancora in una societa' in cui il potere si esercita in modo monoculturale: funerali di stato nelle chiese cattoliche, inaugurazioni di ponti col vescovo, la tivu' di stato che parla di un certo "santo padre" (chi?).
come se fosse normale essere cattolici romani e anormale non esserlo.
sarebbe gia' un grosso passo avanti la multiculturalita' istituzionale.
poi la transculturalita' che ci indica, giustamente, Bidussa, e' gia' realta' nella societa', ma anni luce distante nel diritto e nell'accettazione di chi tiene in mano "le regole".
Io non credo alla multiculturalità.
Penso che le risposte corrette ai problemi debbano essere precise, che la società debba essere democratica, gli individui liberi.
E non credo che lo stesso atto, all'interno della nostra società, debba essere più o meno riprovevole a seconda della "cultura" di chi lo compie.
L'idea che l'individuo debba rispondere alla cultura tribale piuttosto che alla ragione è un'idea catto-reazionaria.
Che poi ognuno si porti dietro la sua cultura (ovvero l'insieme dei suoi usi e delle sue tradizioni) è ovvio; come è ovvio che debba tentare di liberarsene. L'idea che la società si debba abituare a questo, dimenticando i suoi fondamenti razionali per mettere tutto sullo stesso piano..beh, è una cazzata.
Sono d'accordo che certi usi e costumi -a volte- possano essere delle attenuanti..ma non più di questo.
L'articolo ha un tono antipatico, ma nemmeno a me piace l'idea di societa' multiculturale fatta di "comunita'" ben definite che si sopportano a vicenda, condividendo poco e niente (che e' per esempio l'idea di Blair e di una parte del Labour inglese). Perche' come dice Bidussa la societa' deve avere delle basi comuni uguali per tutti - le leggi, per esempio.
Ma poi e' anche una visione molto limitante dei diritti dell'individuo. Come se tutti potessero essere infilati in una di dieci categorie da questionario. E se io nasco da genitori musulmani ma ho idee comuniste, e magari sono ateo, perche' devo essere etichettato in un certo modo solo in virtu' della mia nascita? e se sono cinese e gay? turca e femminista? per non parlare di tutte le persone di razza mista (che saranno sempre di piu'). In che "comunita'" le vogliamo schiaffare?