8 mesi per un'autorizzazione
La Procura ha chiesto i tabulati dell'ex sottosegretario Valentino (An). Dopo tanti rinvii rischiano di essere distrutti
di Luigi Ferrarella
MILANO — Ma davvero il Parlamento ha tutta questa fretta di votare il sì o il no all'utilizzo delle intercettazioni tra gli indagati Fiorani-Consorte-Ricucci e i sei parlamentari D'Alema-Fassino-Latorre- Comincioli-Cicu-Grillo?
Assolutamente sì, a sentire il presidente della Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, l'Udc Carlo Giovanardi, che anzi lamenta come le ordinanze firmate venerdì 20 luglio dal gip Forleo «non siano ancora pervenute alle Camere» e paventa il rischio «davvero paradossale che, su una vicenda che già da giorni riempie giornali e tv, il Parlamento sia costretto a esprimersi soltanto alla ripresa dei lavori in settembre».
Assolutamente no, invece, verrebbe da dire a giudicare dall'infelice sorte da
desaparecida che da 8 mesi patisce in Senato una analoga richiesta avanzata dalla Procura di Roma a Palazzo Madama nell'ormai lontano 20 novembre 2006, senza che da allora la Giunta delle immunità del Senato l'abbia presa in mano fino al 26 giugno scorso, per poi rinviarla al 17 luglio, e ancora al 24 luglio, e ieri di nuovo a data da fissare: la richiesta al Senato di autorizzare l'uso processuale, da parte dei pm romani, dei tabulati telefonici del senatore di An e nell'estate 2005 anche sottosegretario al Ministero della Giustizia, Giuseppe Valentino, indagato (in uno stralcio dell'inchiesta milanese sulle scalata bancarie trasmesso per competenza nella capitale) per l'ipotesi di favoreggiamento personale del banchiere Giampiero Fiorani nel luglio 2005.
Negli interrogatori del 17 e 18 dicembre 2005, infatti, Fiorani aveva asserito di aver ricevuto dall'avvocato Michele Sinibaldi e da Stefano Ricucci, in un incontro all'Hotel Baglioni di Roma il 13 luglio 2005, notizia di intercettazioni in corso a suo carico da parte della Procura di Milano; e aveva aggiunto che, a dire dei due, l'informazione sarebbe stata loro stata fornita dal sottosegretario alla Giustizia, il senatore Valentino. Versione però contraddetta da Ricucci nell'interrogatorio del 16 maggio 2006, laddove Ricucci aveva negato sia di aver mai avuto l'incontro con Fiorani sia di aver divulgato una informazione (sulle intercettazioni) che assicurava peraltro di non possedere all'epoca.
Una volta avviate le indagini su Sinibaldi e disposta l'acquisizione dei suoi tabulati telefonici, erano emersi tra il 10 e il 20 luglio 2005 almeno 14 contatti con un'utenza cellulare intestata al Ministero della Giustizia e in uso in effetti al sottosegretario Valentino. E qui, di fronte a questo dato grezzo, passibile in teoria (una volta sviluppato) di far pendere la bilancia verso le accuse di Fiorani o verso la smentita di Ricucci, il 20 novembre 2006 il pm romano Giuseppe Cascini aveva dovuto temporaneamente arrestarsi: e chiedere al Senato, in ossequio alla legge n. 140 del 2003, l'autorizzazione a poter utilizzare i tabulati delle comunicazioni riferite all'utenza dell'avvocato Sinibaldi nella parte relativa ai contatti con il telefono in uso al senatore Valentino.
Ma diversamente dalle disponibilità proclamate in queste ore, in Senato non ci fu, non c'è stata e non c'è la corsa a esaminare questa richiesta, in questo caso più rilevante perché (a differenza dei parlamentari delle ordinanze Forleo, non indagati) Valentino è indagato, e dunque i tabulati sarebbero cruciali sia per l'accusa qualora intendesse chiedere un processo, sia per la difesa qualora il parlamentare desiderasse dimostrare la propria estraneità ed essere scagionato nel più breve termine possibile.
Invece dal 20 novembre 2006 non succede niente per 7 mesi. Solo il 26 giugno 2007 la Giunta del Senato «scongela» la richiesta: «Il presidente riassume i termini della questione e comunica che il senatore Valentino ha fatto pervenire una memoria e rinunciato alla propria audizione ». Poi si rinvia subito: al 17 luglio. Quando il resoconto sommario attesta laconico che «intervengono brevemente i senatori Di Lello Finuoli e Manzione. Il presidente rinvia quindi il seguito dell' esame» al 24 luglio. Ma ieri niente, altro rinvio a data da definire, non si sa se prima della chiusura estiva del 3 agosto.
E intanto il tempo passa. Non gratis per l'inchiesta. Per legge, infatti, i gestori telefonici sono tenuti a conservare i tabulati dei cellulari per 2 anni. Lasciando giacere per tutto questo tempo la richiesta della Procura di Roma, dunque, il Senato ha oggettivamente creato i presupposti di una situazione giuridica intricata: se e quando dovesse autorizzare l'uso dei tabulati, infatti, non è più detto che questi tabulati ci siano ancora. E comunque si dovrà discutere se valida debba essere considerata la data dell'eventuale via libera del Senato (a questo punto sicuramente dopo i 2 anni dal luglio 2005), oppure la data del decreto dei pm (antecedente alla tagliola dei 2 anni).