Nori, Giovanni Pesce e la loro Resistenza
L´attrice è una donna di 79 anni, i capelli grigi, piccolina, uno sguardo fermo e dolce. L´attore di anni ne ha 85, ha il naso storto, è stato pastore della vacche, poi minatore in Francia; parla con un forte accento francese e dice quello che ha fatto da quando ha smesso di scendere in miniera.
Onorina Brambilla, che tutti conoscono come Nori, e Giovanni Pesce sono marito e moglie da quasi sessant´anni: a Marco Pozzi, un giovane regista che si è appassionato a loro e alla loro vita, raccontano davanti a una telecamera la loro storia d´amore, nata quando lei era una ragazza di 20 anni, si chiamava "Sandra" e faceva la staffetta partigiana; lui era "Visone", il leggendario comandante dei Gap di Milano, già combattente volontario in Spagna nelle Brigate internazionali.
Lei lo ha salvato: arrestata e torturata, internata nel campo di concentramento di Bolzano, non ha parlato. Ma non è una storia privata e non è un film d´amore: Nori e Giovanni, medaglia d´oro della Resistenza, sono i preziosi testimoni di un pezzo di storia d´Italia, quella della Liberazione. Una storia che hanno vissuto da protagonisti credendo - come oggi non sembra neppure immaginabile - negli ideali di libertà e giustizia. Oggi il film-documentario su di loro sarà presentato all´Anteo; martedì saranno a Bruxelles, all´Europarlamento, dove pure ci sarà la proiezione seguita da un dibattito.
Giovanni adesso è stanco, lui che era abituato ad andare ogni giorno a piedi dall´ufficio di viale Tunisia alla sua casa del Corvetto, fatica a camminare per colpa di un brutto mal di schiena. Ha scritto molti libri e proprio in ottobre Feltrinelli ha ripubblicato, a 26 anni dalla prima edizione e per la quinta volta, il suo Senza tregua, il racconto in prima persona della guerra dei Gruppi di Azione Patriottica, i "commandos" che nelle città non davano mai tregua ai nemici, nazisti e fascisti.
È stanco anche di parlare: "Ma oggi - dice - vedo una forte volontà delle forze politiche e del governo di dimenticare". Oggi, dunque, parla soprattutto Nori: anche stamattina sarà in una scuola a raccontare quegli anni, quella sua vita, quella forza. Parla per combattere il revisionismo, perché "libri come quello di Pansa sono operazioni pericolose, rischiano solo di cancellare e infangare la memoria", ma a chi sostiene che oggi in Italia ci sia "un regime" risponde sicura: "Non sanno di cosa parlano".
I regimi c´erano allora: nel ‘36, in Spagna, dove Giovanni, che aveva 18 anni, è stato ferito in battaglia e si è salvato ancora non sa come; in Italia, con il coprifuoco e il terrore. "Ho riflettuto 25 giorni prima di decidere di diventare un gappista: non era la guerra, era uccidere singole persone.
Ma quelle persone torturavano e fucilavano, ed era giusto che qualcuno si sacrificasse per dare fiducia al popolo, per dimostrare che non sarebbe stato così per sempre". Il comandante Visone (era il nome del suo paese di origine, vicino ad Aqui Terme) viveva sotto falsa identità, in un appartamento vicino a piazza Duomo, praticamente prigioniero, solo insieme ai libri di Emile Zola. Usciva solo per avere indicazioni sull´obiettivo da colpire, organizzare il piano, incontrare la sua staffetta.
"La mia staffetta era molto bella", sorride Giovanni; e ricorda ancora quando la convinse a raccontare una frottola alla mamma per passare una notte fuori.
Nori non era solo bella: "Sia chiaro che io non ho taciuto per amore. Non avrei tradito nessun compagno, mai". È una donna orgogliosa e forte, semplice e intelligente. "Bisogna continuare a ricordare, perché la lotta di liberazione ha avuto un significato morale importantissimo. Se oggi siamo liberi è perché abbiamo lottato". In tanti, certo; ma lei di più.
Come quando trasportò un pacco di esplosivo e in tram venne fermata da due ufficiali. Fu forse l´unica volta in cui la sua bellezza fu davvero la cosa più importante: e come poteva, una ragazza così bella, nascondere qualcosa in quel voluminoso pacco? Avrebbe potuto finire con la fucilazione; si salvò. Il 14 luglio del ‘45, tre mesi dopo la Liberazione, sposò il suo comandante e da allora sono rimasti sempre insieme.
(Cinzia Sasso, “la Repubblica”, 28 novembre 2003)
un abbraccio anche a Sandra...