Annunci marziali per il fronte interno
di SANDRO VIOLA
La Russia di Putin è per ora quella che è, e nessuno al di fuori dei confini russi può farne qualcosa di diverso. E´ con essa che bisogna coesistere, misurarsi, commerciare. E le lezioni che l´Occidente le impartisce ogni tanto in materia di democrazia, diritti umani e civili, servono a poco.
Anzi, non fanno che stimolare la «petro-arrogance» del regime (l´arroganza dei massimi esportatori di idrocarburi al mondo), oltre che esacerbare il sentimento anti-occidentale che pervade la società russa.Ma detto questo, è vero che il colpo d´occhio sulla Russia d´oggi risulta sconcertante. I modi e i mezzi con cui i propagandisti del Cremlino lavorano ad attizzare l´orgoglio nazionale, ricordano altri tempi, altri regimi. Culto della personalità da parte delle Tv (tutte sotto il controllo dello Stato), che aprono i notiziari con Putin al lavoro, o in vacanza, o in palestra. Gli altoparlanti nella metropolitana che inneggiano alla grandezza russa, grandi manifesti sui muri delle città a celebrare le realizzazioni del regime. E ogni giorno l´annuncio d´un altro passo verso la ritrovata potenza della nazione: nuovi missili, nuovi sommergibili atomici, nuove navi da guerra.
Poco più d´una settimana fa il comandante della Marina militare, ammiraglio Vladimir Masorin, aveva dichiarato che la flotta russa tornerà presto nel Mediterraneo, mare in cui smise di navigare quando l´Unione Sovietica cominciò a disfarsi. E ieri Putin in persona ha annunciato la ripresa del pattugliamento aereo con i bombardieri strategici Tu-160 e Tu-95 MS, anche questa un´operazione militare che era stata sospesa ormai da quindici anni. Le ragioni addotte da Putin sono le stesse con cui egli aveva deciso il ritiro di Mosca dal trattato Cfe sull´equilibrio delle forze convenzionali in Europa: la necessità cioè di garantire la sicurezza della Russia, sulla quale pesano «le minacce di altre potenze militari».
Così, dato che gli Stati Uniti d´America e la Nato «non» stanno minacciando la sicurezza della Federazione russa, bisogna chiedersi quale sia il significato politico e militare di questa raffica d´annunci di riarmo sparata senza sosta dal Cremlino. La Russia si sente davvero in pericolo, i suoi strateghi stanno prendendo un abbaglio e credono sul serio che americani ed europei abbiano ormai imboccato il sentiero di guerra? E soprattutto: qual è il peso effettivo del riarmo russo sull´attuale «military balance», il rapporto di forze militari tra i maggiori paesi del mondo? La risposta che danno a quest´ultima domanda i più autorevoli esperti militari, è che la Russia è ben lontana dal recupero della potenza bellica dell´Urss. Beninteso, Putin dispone d´un vasto armamento nucleare. Ma se escludiamo, com´è ragionevole fare, che dal Cremlino possa venire l´ordine d´un attacco atomico, resta che in fatto d´armamenti convenzionali la Russia non costituisce un pericolo per l´Occidente. La sua flotta, per esempio, appare poderosa sulla carta ma non in termini operativi.
La maggior parte delle sue navi sono infatti così malridotte, che molte non potrebbero nemmeno salpare dai porti del nord e da quelli della Crimea. E lo stesso si può dire per le forze di terra in materia d´addestramento, armamenti e qualità dei comandi. Come s´è visto chiaramente, del resto, tra il ‘99 e il 2005, gli anni in cui l´esercito russo è stato più impegnato nella guerra cecena.
A che cosa mirano quindi gli annunci marziali, se non si deve dire bellicosi, del regime russo? Personalmente, sono convinto che essi siano destinati soprattutto al «fronte interno». Agitare lo spauracchio d´una minaccia occidentale così da stringere il paese attorno al regime, soffiare sulle braci del nazionalismo russo promettendo il ritorno della Russia al ruolo di superpotenza globale. Dunque, propaganda. Il frastuono propagandistico di cui s´è detto prima, in una fase che per il regime è assolutamente cruciale: l´avvicinarsi delle elezioni politiche di novembre e di quelle presidenziali del marzo prossimo.
Ad un italiano che ha passato i settanta viene da pensare a quel che vide e sentì, tra infanzia e adolescenza, durante il fascismo. Un episodio che mi ha molto colpito è stata per esempio l´impresa dell´inizio d´agosto al Polo nord: i due mini - sommergibili discesi sotto la calotta polare a depositare sul fondo una bandiera russa, premessa d´una futura pretesa a sfruttare le risorse energetiche dell´Artico. Putin che in televisione esalta l´impresa e poi ne riceve i protagonisti al Cremlino, la folla che s´ammassa all´aeroporto per accogliere in tripudio i coraggiosi esploratori, l´esultanza dell´Accademia delle Scienze, le pagine e pagine di giornali dedicate alla spedizione.
L´episodio mi ha colpito perché riporta alla memoria il ricordo lontano delle trasvolate atlantiche di Italo Balbo. Nei nostri libri di scuola c´erano lunghi capitoli e moltissime fotografie dedicati alle due imprese delle squadriglie d´idrovolanti che Balbo guidò prima in Sud America, poi negli Stati Uniti. Anche lì folle osannanti accoglievano il ritorno dei trasvolatori, i cinegiornali mostravano l´incontro trionfale con Mussolini a palazzo Venezia, e al sabato fascista noi Figli della lupa agitavamo bandierine inneggiando a Balbo.
Sia chiaro che non intendo paragonare la Mosca di Putin con la Roma mussoliniana. Lo iato storico-politico tra gli anni Trenta del Novecento e l´inizio del XXI secolo è tale che sarebbe senza senso avvicinare i sistemi politici d´allora a quelli d´oggi. Mi riferisco quindi al tipo di propaganda adoperato dai due regimi, in Italia nella prima metà del secolo scorso e in Russia adesso, per esaltare le proprie realizzazioni. Tipica è la cadenza e rumorosità degli annunci. Era più o meno così, infatti, nell´Italia del Trenta.
S´accusavano le democrazie di non voler riconoscere all´Italia il posto che le spettava nel concerto europeo, si varavano corazzate, il Mediterraneo era «nostrum», le fotografie dei settimanali illustrati erano pieni di foto sui campi d´aviazione. Col casco di cuoio e gli occhialoni, Mussolini veniva fotografato ai comandi d´un aereo né più né meno come il Putin che i giornali russi hanno mostrato recentemente al posto di pilotaggio su un caccia Sukhoi.
Non che le trasvolate di Balbo fossero prive di rilevanza tecnica e di significato politico. E non ne è priva - con il suo alone Jules Verne - l´impresa polare dei russi. Il punto è che né le une né l´altra, non il varo della corazzata «Roma» allora, né adesso il ritorno in volo dei bombardieri strategici russi, servirono all´Italia fascista e servono oggi alla Russia di Putin per capovolgere i rapporti di forza tra le potenze mondiali.
Conviene infatti ricordare che dalle trasvolate di Balbo sull´Atlantico si passò direttamente alle «scarpe di cartone» con cui il nostro esercito entrò in guerra, all´impreparazione dei comandi, all´insufficienza degli armamenti.
Insomma: s´avvertiva un senso di posticcio nella potenza bellica dell´Italia mussoliniana, e la stessa sensazione di posticcio si coglie nella rappresentazione d´una «grandeur» russa che Putin ha messo in scena. Con tutti i suoi missili nucleari, la Russia resta a tutt´oggi un viluppo di forza (le sue riserve energetiche) e di antiche, per ora irrimediabili, debolezze.
ahime', Sandro Viola e' l'ultimo a poter parlare di Russia, in questi termini poi...
Sandro Viola e' stato, negli anni '90, uno dei piu' coriacei corifei del peggior leader che la Russia abbia mai avuto dopo Stalin, ossia Boris Eltsin. Lo ha incensato in ogni modo, anche quando bombardava il parlamento. Inoltre, il sig. Viola ha sostenuto a spada tratta le follie neoliberiste che hanno portato quella Russia a essere un pease miserabile e una barzelletta.
Le critiche a Putin dovrebbero essere lasciate a chi criticava Eltsin allora. Ossia a pochi, pochissimi. Giulietto Chiesa, per esempio.
Non si capisce da dove venga al quotidiano romano l'autorità morale e intellettuale per dispensare lezioni a destra e manca del globo, come fanno abitualmente e nei termini in cui lo fanno, scarsamente oggettivi e fortemente schierati (invece di informare, che è quello che gli si chiede).
Avendo consegnato alla condanna non solo il comunismo, ma qualsivoglia critica al modello neoliberista, l'elemento nazionalistico e diventato il collante e il baricentro intorno a cui si è infine stabilizzato un paese a pezzi e in disgregazione. Non dovrebbe stupire tutto ciò, dopo che si è sostenuto con convinzione il modello Eltsin. Prima o poi sarebbe successo che i russi tornassero a tutelare gli interessi propri, piuttosto che posporli a quelli stranieri e l'hanno fatto attingendo a quello che si trovano a disposizione, l'uomo forte, il sentimento nazionale vecchio stampo, la potenza militare e le risorse energetiche.
Allo stesso modo in cui in altre aree, caduti in disgrazia e degenerati i movimenti laici di ispirazione socialista, l'elemento religioso è tornato a essere l'orizzonte ideale di riferimento.
Certo che preoccupa ed è minaccioso l'atteggiamento moscovita, ma non nasce dal nulla, fa parte di un gioco di ostilità e di scontro di cui noi, all'interno delle nostre alleanze strategiche ed economiche, siamo partecipi. Certo che la Russia dal suo punto di vista si senta sotto assedio: a me sembra una cosa elementare, possibile che un Sandro Viola con tutta la sua esperienza non se ne renda conto? Quello che mi pare non si realizzi in questa fase storica è che l'atteggiamento del blocco europeo-statunitense nei confronti dell'esterno è ben lontano dal potersi dire amichevole. Se si manca questa consapevolezza tutto l'insieme delle relazioni internazionali diventa incomprensibile e sembra governato solamente dagli eccessi e dalle manie incontrollabili di qualche leader straniero.
Troppo facile rievocare paralleli col fascismo. Dov'erano questi giornalisti che se ne ricordano ora, quando il presidente statunitense inneggiava alla vittoria dal ponte delle portaerei?