Il richiamo della morte
di Robert Fisk
Giovedì a mezzanotte me ne stavo disteso sulla schiena al Colosseo e guardavo le stelle su Roma. Stavo proprio nel posto in cui i leoni sbranavano i gladiatori e a pochi metri dalla croce che segna il punto della crocifissione di San Paolo - la parola martirio, naturalmente, è diventata in questa epoca di attentati suicidi una parola difficile da usare. Non potevo fare a meno di riflettere sul fatto che un luogo di crudeltà è diventato una delle più grandi attrazioni turistiche del mondo. Una emittente televisiva italiana mi aveva chiesto di parlare della pena capitale in Medio Oriente.
Si tratta di una serie sulle esecuzioni in America e sui detenuti nel braccio della morte. Nel tentativo di illuminare a giorno l’antica arena due generatori erano andati in panne. Di qui il momento di riflessione.
Ai lettori interessati all’aspetto commerciale della vicenda forse farà piacere sapere che costa 75.000 sterline affittare il Colosseo per 24 ore e 10.500 sterline per poche ore di notte sotto le stelle. E non di meno come era possibile non pensare alla pena capitale al Colosseo?
Guardando il primo episodio della serie televisiva italiana - che parlava delle visite di un italiano e di una italiana a due americani che avevano trascorso anni nel braccio della morte in Texas - mi ha colpito che entrambi i detenuti, che sotto l’effetto dei farmaci non è detto ricordassero di aver ucciso qualcuno, si dicessero pentiti. Erano entrambi profondamente pentiti dei reati commessi, entrambi pregavano di poter tornare un giorno per vivere una nuova vita da brave persone, per prendersi cura dei figli, per andare a fare la spesa, per portare a spasso il cane. In altre parole non erano più i criminali che erano stati condannati a morte.
Penso che nella loro situazione tutti si pentirebbero. Ma ho il sospetto che la pena di morte non abbia nulla a che vedere con la colpevolezza o l’innocenza. Mio padre sapeva benissimo che il giovane soldato australiano che gli era stato ordinato di giustiziare durante la prima guerra mondiale aveva ucciso un soldato della polizia militare britannica a Parigi, ma l’australiano aveva promesso di vivere una vita retta in caso di clemenza. Mio padre si rifiutò di uccidere l’australiano. Fu qualcun altro a sparare. La pena capitale è per i suoi fautori quasi una passione. Io penso piuttosto che si avvicini ad una dipendenza, ad un qualcosa che - come l’alcol o il fumo - si può curare solo con l’assoluta astinenza. Non ci sono scuse per le esecuzioni segrete giapponesi, per le iniezioni letali in Texas o per il taglio della testa dinanzi alle moschee dell’Arabia Saudita. Ma come si può arrivare al punto in cui l’umanità è ossessionata dalla morte in forma così barbara?
Quando gli iraniani impiccano gli spacciatori di droga o i violentatori - e chi può sapere se sono innocenti o colpevoli - i patiboli sono sempre circondati da migliaia di uomini e donne che spesso cantano «Dio è grande!». Lo hanno fatto anche quando hanno impiccato una giovane donna.
Certamente alcune di queste persone sono contrarie alla pena di morte. Ma c’è nel nostro desiderio di condannare a morte un qualcosa di primitivo. George Bernard Shaw una volta ha scritto che se i cristiani fossero stati dati in pasto ai leoni nella Royal Albert Hall, ogni sera ci sarebbe stato il pienone. Sono certo che avesse ragione. Non è forse vero che migliaia di romani affollavano questo stesso sinistro Colosseo nel quale mi trovavo per assistere ad una carneficina? E forse l’esecuzione di Saddam Hussein non è stato un aspetto del nostro tentativo di distrarre gli iracheni con «panem et circenses»? E i boia urlanti che abbiamo visto nelle registrazioni video da Baghdad non erano forse l’equivalente dei gladiatori che uccidevano i nemici con la spada? E poi, vediamo di non dimenticarlo, le esecuzioni non sono solo prerogativa degli Stati e dei presidenti. L’Ira praticava la pena capitale. I talebani praticano la pena di morte e lo stesso dicasi per Al Qaeda. Osama bin Laden - me lo ha detto lui stesso - crede nella punizione «islamica» della decapitazione.
Ricordo la folla che linciò tre collaborazionisti palestinesi a Hebron nel 2001. I loro corpi quasi nudi penzolavano dai piloni dell’elettricità mentre i bambini scagliavano pietre e migliaia di persone applaudirono quando i cadaveri furono gettati, tra le risate, in un camion per la raccolta dei rifiuti. Ero talmente sconvolto da non riuscire a prendere appunti e quindi mi limitai a fare dei disegnini di questa oscenità sul mio taccuino. Ho ancora i disegni. Gli uomini sono appesi a testa in giù come San Paolo, con le gambe in alto e il corpo straziato da bruciature di sigaretta.
I principali antagonisti della grottesca «guerra al terrore» che tutti staremmo combattendo - i signori Bush e Osama bin Laden - parlano continuamente di morte e sacrificio sebbene nel suo ultimo video Osama abbia rivelato una toccante fede nella democrazia americana ricordando che gli americani avevano votato per la prima presidenza Bush.
Per Osama bin Laden l’11 settembre è stata la «punizione» per gli spargimenti di sangue causati dall’America nel mondo musulmano; di fatto un numero sempre crescente di attacchi sia di guerriglieri che di eserciti regolari si stanno trasformando in vere e proprie vendette. Il primo assedio di Fallujah non è stata la vendetta per l’uccisione e la profanazione dei cadaveri dei mercenari americani? Abu Ghraib non è stato un aspetto della «nostra» vendetta per l’11 settembre e per i nostri fallimenti in Iraq?
Molti attentati suicidi in Medio Oriente - in Palestina, in Afghanistan, in Iraq - prendono il nome di «martiri» uccisi in precedenti azioni. In Iraq Al Qaeda disse chiaramente che aveva giustiziato alcuni soldati americani per vendicare lo stupro e l’assassinio di una ragazza irachena a sud di Baghdad.
Sì, temo proprio che il vero problema vada aldilà del gesto individuale di uccidere, si tratti di una esecuzione decisa da un tribunale o di altro. In qualche modo strano e spaventoso noi crediamo nella morte violenta. La consideriamo una opzione politica, una scelta che ha a che fare sia con l’auto-conservazione su scala nazionale sia con la punizione dei singoli delinquenti. Crediamo nella guerra. E l’aggressione bellica - ad esempio l’invasione dell’Iraq nel 2003 - non è forse una punizione capitale di massa?
Noi paesi «civilizzati» - come gli eserciti delle tenebre che crediamo di combattere - siamo convinti che infliggere la morte ad un numero stupefacente di persone possa essere moralmente giustificato.
E temo che sia questo il problema. Quando scendiamo in guerra, ci mettiamo tutti il cappuccio e tiriamo la leva del boia che apre la botola sotto i piedi dell’impiccato.
E fin tanto che invieremo i nostri eserciti in guerra - a prescindere dalla giustificazione - continueremo ad impiccare, a fucilare e a decapitare le teste dei nostri «criminali» e «assassini» con lo stesso entusiasmo con cui gli antichi romani applaudivano gli spargimenti di sangue nel Colosseo 2.000 anni fa.
Giusto sulla pena di morte, poi -al solito- finisce nelle parole in libertà, col solo e solito fine di cercare di dimostrare che la "civiltà occidentale" e più o meno uguale al fondamentalismo. Il che è una notoria cazzata, nella quale credono solo lui e giulietto chiesa.
Ovviamente tu hai chiesto a tutti come la pensano, vero Dedalus, per poter dare un giudizio del genere?
Comunuqe ti comunico che insieme a Fisk e a Chiesa, a pensare che la civiltà occidentale sia peggio del fondamentalismo (uguale è poco) siamo in parecchi. Solo che la tua percezione della realtà passa attraverso le due fette di prosciutto che hai sugli occhi.
la civiltà occidentale é peggiore del fondamentalismo, a causa della sua natura totalitaria: il totalitarismo é un prodotto diretto della modernità. La parola nasce con Mussolini, ed é una sviluppo della mobilitazione totale della società nello sforzo bellico, introdotta nella prima guerra mondiale, un poco da tutti ma specialmente dagli inglesi.
D'altronde 1984 di Orwell che segue di poco la nuova grande tappa verso il ttalitarsimo mondiale, ha lo sguardo volto ancora una volta all'Inghilterra.
Tradotto in concetti: molti fondamentalismi hanno contenuti più odiosi e insopportabili del mercato ideologico che l'occidente ci impone. Ma va detto che i fondamentalismi, anche se non pare a chi prima non si interessava dei paesi lontani, sono in tumultuosa ritirata. Ciò che invece avanza é la metastasi capitalista e democratica, che polverizza ogni libertà, ogni dialogo, ogni rifglessione; che rende tutti impotenti e futili, praticamente dei bambinoni.
Il totalitarismo democratico é peggiore di ogni altra esperienza storica, perché non é un contenuto, ma un metodo: é la passività eretta a metodo. L'unica nostra salvezza pare situarsi nel fatto che la passività non può farsi proprio assoluta, perché ciò condurrebbe a una caduta verticale dei consumi, e quindi a una vanificazione dei profitti e delle produzioni, uinici indicatori davvero rispettati.
la civiltà occidentale é peggiore del fondamentalismo, a causa della sua natura totalitaria: il totalitarismo é un prodotto diretto della modernità
ah, sì, certo..il totalitarismo è nato con la modernità..dagli egizi ai persiani agli imperatori cinesi ai maya..ma 'ste cazzate, dove le leggete?
La modernità avrai i suoi vistosi difetti, ma la libertà degli uomini è largamente superiore a quella delle epoche precedenti..ti volevo vedere a fare lo schiavo ad atene o il servo della gleba nel medioevo..
Ma va detto che i fondamentalismi, anche se non pare a chi prima non si interessava dei paesi lontani, sono in tumultuosa ritirata.
sì, certo, tumultuosa..(!)
Ma dove vivi?
il totalitarismo democratico é peggiore di ogni altra esperienza storica
e qui scendiamo verso l'ermeneutica d'accatto, il severino letto male etc. etc.
Tutta la vita con Fisk.
Anche perché qui da noi, la libertà è solo una illusione. Ti fanno credere di essere libero ma in realtà non hai più la libertà di scegliere come vivere, hanno azzerato tutte le variabili di scelta. E' questo il nuovo fascismo.
This Is The Reality Of The War:
We Bomb
They Suffer
Anche perché qui da noi, la libertà è solo una illusione
ah,bene..allora meglio i paesi dove manca anche questa illusione,no? Potresti prendere casa a Theran o a Pyongyang, eh?
Uno -prima di parlare- deve premere on sui pulsanti che attivano la materia grigia.
Una cosa è la critica, giusta o sbagliata, al sistema democratica; altra -come fa sotto sotto fisk- tifare per regimi totalitari perchè portatori di chissà quali valori autentici..
Certo che se l'argomento che hai è
"Potresti prendere casa a Theran o a Pyongyang, eh?"
siamo messi male.
Perfettametne d'accordo con dedalus, l'idea che l'assolutismo o il totalitarismo siano figli della modernità, è quantomeno bislacca, per non dire totalmente idiota.
Regimi assolutistici e autocratici esistono da sempre, a ben vedere sono andati per la maggiore in tutto il mondo fino a pochi secoli fa, con solo rare parentesi come la democrazia ateniese.
L'idea poi che la civiltà occidentale sia più pericolosa dei "fondamentalismi" è ancora più assurda ; perlomeno, la civiltà occidentale può essere largamente criticata e messa in discussione (e sono tanti, tantissimi, in larga parte gli stessi occidentali, a farlo) ; i fondamentalismi più esasperati queste cose sono ben lontani dall'accettarle.
@ Sirius Black "l'idea che l'assolutismo o il totalitarismo siano figli della modernità, è quantomeno bislacca, per non dire totalmente idiota."
L'assolutismo e il totalitarismo democratico sono l'uno l'opposto dell'altro. Il primo era tipico del feudalesimo, il secondo è tipico della modernità nel senso dell'evoluzione in senso burocratico dello stato. Lo stato totalitario appare quasi contemporaneamente negli anni 20-30 del secolo scorso, in Europa (nazi-fascismo), in URSS con lo stalinismo e negli USA con il New Deal di Roosevelt. Tutti questi regimi puntano sull'ingigantimento dello stato e del suo controllo capillare, sul nemico interno, sul razzismo, sul colonialismo e la guerra ma ottengono VOTI democratici in cambio del welfare che è, secondo me, il "sintomo" comune di questi regimi. Lo stato, in teoria, chiede tutto in cambio di tutto. Per farlo occorre che conosca fin nei recessi anche i pensieri dei "cittadini" che infatti se sgarrano perdono i diritti all'"accudimento" statale. Se qualcuno ieri avesse approfittato, come me, per rivedere l'Arancia meccanica in tv, avrebbe visto un esempio di questo totalitarismo democratico ben illustrato dal grandissimo Kubrick. Purtroppo il film è stato trasmesso solo alle 22.30 per via delle scene di violenza e quel che è peggio è stato preceduto da un insulso programma di approfondimento sul film che non dava nessuna informazione utile o corretta! Non si parlava delle capacità artistiche del regista nè tantomeno del messaggio del film che appunto illustra un controllo totale e poliziesco che trasforma tutti in poliziotti o in criminali castrati psichicamente, praticamente morti. Il tutto per il loro bene. Questo è il totalitarismo democratico e con l'assolutismo davvero non c'entra nulla.
"meglio i paesi dove manca anche questa illusione,no? Potresti prendere casa a Theran o a Pyongyang, eh?
Uno -prima di parlare- deve premere on sui pulsanti che attivano la materia grigia.
Una cosa è la critica, giusta o sbagliata, al sistema democratica; altra -come fa sotto sotto fisk- tifare per regimi totalitari perchè portatori di chissà quali valori autentici."
Cerchiamo di usare correttamente le parole: totalitario é QUESTO REGIME.
Quello coreano é tirannico. Non é totalitario per mancanza di totalità, in sostanza. Quello iraniano é un sistema a doppio registro, per metà teocratico, con la giustizia e la corte costituzionale in mano ai fondamentalisti, e il sistema politico di tipo democratico. Il solo fatto che ci siano due forze fra loro ostili,anche se ora in qualche modo contemperate dal fatto che é stato eletto (per un pelo) un presidente vicino agli ayatollah, esclude che l'IRan possa essere un sitema totalitario, e infatti la discussione politica vi regna vivacissima, cose che in Europa ci sogniamo.
A me pare che ci sia molta confusione per il fatto che si usa "totalitario" quasi significasse semplicemente oppressivo. Il totalitarismo può apparire oppressivo (ad esempio a me, ma ad alcuni che difendono l'occidente ela sua parola senza nerbo evidentemente garba), ma la parola nasce con intento encomiastico.Il fascismo deve diventare totalitario, dichiara il duce, e abolire tutto ciò che non é fascista. Provate a sostituire "fascismo" con "democrazia" e la frase non solo fila,ma riprende precisamente le grandi parole dei vincitori della guerra mondiale, fondatori dell'Onu, e costruttori della merda presente.
Comunque, prima di parlare di ermeneutica d'accatto, gioverebbe chiedersi se la storia per sbaglio non la si é studiata nei film di Mel Gibson, visto che si crede a un totalitarismo dei Maya. Probabilmente anche al ritorno del califfato.Magari uno si fida pure di Magdi Allam e di Oriana Lefeci. Ciascuno in fondo deve scegliersi i propri modelli
ma ad alcuni che difendono l'occidente ela sua parola senza nerbo evidentemente garba
eccolo la' che esce il vero succo, un po' nascosto, del discorso..la parola senza "nerbo" (palle?)dell'occidente,intrisa di relativismo, priva di verità, magari di "autenticità"..vuoi mettere con i milioni in piazza a theran (dopo vivacissimi dibattiti interni) a maledire il satanasso occidente, nichilista e distruttore dei veri valori dello spirito?
sciagurato, a Teheran ci sono altri milioni che si oppongono ad Ahmadinejad, studenti, donne, intellettuali, in Iran c'é un cinema ribelle, intenso e sontuoso, cose che in Italia non esistono dai tempi di Pontecorvo. L'Iran é un paese vivo vessato da una teocrazia peraltro assai zoppicante. L'Italia (ma il resto dell'Europa non é meglio, pensiamo alla Polonia o alla Gran Bretagna) é un paese morto, dove circolano comunque impuniti santopadri e padripii, gli americani fanno quel che gli pare, e non si é più liberi di fare nulla, e i più nemmeno gli viene voglia di essere liberi. Prova a confrontare in qualsiasi servizio tv la lucidità di giudizio, la conoscenza, la riflessione, la dignità degli iraniani, degli iracheni, degli afghani, con il conformismo ignorante e querulo degli occidentali. C'é mille volte più opposizione lì che qui. E nel paese che guida l'occidente, l'ignoranza aggressiva é al potere. Idem nel suo avamposto sionista. Prova a confrontare la ricchezza dei ragionamenti dei palestinesi con la povertà brutale di quelli degli israeliani (non di tutti, ci son pure quelli che si rendono conto delle stesse cose di cui mir endo conto io, e non sono mica l'unico).
Lo sviluppo economico da un pezzo é divenuto l'opposto del progresso, e la diffusione della merce sta mangiando ogni forma di libertà, di profondità, di dignità umana.
Quel che ti sfugge é che nessuno, e di certo non io, apprezza il fondamentalismo, e le società ancora non distrutte dalla modernità: ma che noi siamo per un diverso ed opposto progresso, senza stato, senza welfare, senza obblighi, senza dover pagare ogni cosa, e dove non si faccia solo quello per cui ci pagano. Dove ciascuno discuta e decida direttamente.
Finché non vi convincerete che questo non é il solo progresso possibile e che il progresso deve liberarsi dall'incubo dello sviluppo economico, inutile che cerchiate di liberarvi delle critiche presentando tutti tranne voi come regressisti, fondamentalisti e retrogradi. E' una vecchia balla, cui nessuno crede più.