La bella utopia
Per l'ennesima volta torno a vedere il caro Moni, sempre aspettando di riprovare le emozioni del Violinista. Per l'ennesima volta esco un po' così da uno spettacolo potenzialmente ottimo, interpretato dal bravissimo Moni Ovadia attore (nonostante stasera apparisse un po' stanco, resta comunque un interprete di prima grandezza), ma che ancora una volta non riesce a superare i limiti ormai noti di Moni Ovadia regista e Moni Ovadia autore. Lo spettacolo è prolisso, tanto, troppo. Tra l'altro è inaccettabile leggere sul Corriere che dura due ore, sentirsi dire dalla maschera che ne dura due e mezzo e uscire di corsa durante il primo applauso dopo tre ore e cinque minuti. Al di là delle mie personali opinioni sul tempo massimo per uno spettacolo teatrale (oltre 120 minuti è troppo lungo, a prescindere, le eccezioni sono pochissime), lo sforo non si giustifica. Alle 18.30, mentre Moni ancora parla di Stalin, comincia il fuggi fuggi da babysitter, compiti, gente a cena, eccetera. Una grande tristezza, per chi è costretto ad andarsene in anticipo, ma credo anche per regista e interpreti.
Buoni i testi, in gran parte sempre arguti e interessanti, anche se a volte Moni la tira troppo in lungo. L'inizio è travolgente, con l'Internazionale - che ancora sa mettere i brividi - e la domanda "perché il comunismo ha perso e il capitalismo ha vinto?", una domanda a cui purtroppo non è data risposta, se non con la barzelletta iniziale (il capitalista compra ogni cosa, soprattutto se si tratta di cosa esclusiva o apparentemente indisponibile, a botte di migliaia di dollari di mancia), ma è un po' poco. Lo spettacolo si limita invece a raccontare la storia dell'Unione Sovietica, da Lenin a Eltsin, fermandosi a lungo sulla controversa figura di Stalin.
Ma gli ebrei sono sempre protagonisti - nel bene e nel male - dello spettacolo, con le loro storielle, le loro piccole petulanze, la loro determinazione inarrestabile, come motore della rivoluzione, come eminenze grigie. O come vittimem quando l'ideale comincia a essere inquinato da interessi diversi e rispunta minaccioso l'antisemitismo.
Altrettanto ottime le musiche, ma oggettivamente troppe. Le traduzioni proiettate qua e là sono abbastanza leggibili, ma a volte i testi sono troppo incastrati nella realtà sovietica perché lo spettatore possa goderne appieno. Ottima la band.
di
Alberto Biraghi
08.10.07 00:40 - sezione
teatro