Se il museo è bello perché è gestito male?
40.000 metri quadri di area di cui 23.000 occupati da collezioni e aree interattive. 10000 oggetti presenti nelle collezioni; 16 laboratori interattivi. 400.000 visitatori nel 2006. Circa 6000 gruppi (tra scuole e associazioni) che hanno partecipato alle attività educative sempre nel 2006. Sono i dati del Museo nazionale della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milanbo ricavabili dal
sito della struttura.
I numeri ci sono tutti e sono indubbiamente eloquenti. Dicono che a dispetto di una marginalizzazione culturale delle scienza e della tecnologia nel sistema educativo e formativo scolastico in senso stretto gli spazi per soddisfare una domanda di sapere scientifico ci sono. Dicono che a Milano è presente una realtà museale ed espositiva che da spazio alle scienze. E tuttavia in questo quadro ci sono alcune cose che non convincono.
La biblioteca, per esempio. Un patrimonio rilevante catalogato e descritto. Consultabile solo su appuntamento. Ma sapere cosa c’è non è dato. Infatti quel catalogo non è fruibile – ovvero consultabile e vedibile - a distanza. Averlo a disposizione sarebbe utile non solo per considerare che cosa trovare, ma anche per proporre temi, letture, approfondimenti, testi, strumenti per la didattica. Un modo tra tanti per comunicare sapere, solleticando curiosità,
Lo stesso si può dire di alcuni settori di intervento pregevoli per i materiali esposti, per il grado di conservazione, per la qualità del patrimonio (per esempio la collezione energia), ma poi, al di là dell’elemento espositivo, anche di qualità o di indubbia attrazione (è il caso del sottomarino “Enrico Toti”, che ormai da quasi due anni è la vera attrattiva del museo milanese), la domanda riguarda come quell’organizzazione del materiale e delle collezioni favorisca, e soprattutto se sì come, la formazione di un sapere scientifico.
Non è un problema solo del Museo della Scienza e della tecnologia e non è solo o prevalentemente l’effetto o la conseguenza di una specifica direzione. Se ci limitiamo a Milano, la condizione in cui versano i luoghi della organizzazione del sapere scientifico (si potrebbe considerare il Planetario, il museo di storia naturale, p.e.) indica uno stato di disagio, talora di crisi. In ogni caso il dato è una possibilità di acculturazione scientifica, di strutture che sulla carta sarebbero deputate a offrirla, ma poi di una strada non percorsa, comunque in un qualche modo di un’occasione in parte mancata.
Milano avrebbe le strutture, forse avrebbe anche le competenze, certamente ha gli spazi (come in altre città europee, p.e. Parigi oppure Amsterdam). Ma il problema non sono gli spazi, bensì la loro diversa organizzazione. E’ rappresentato dalla loro organizzazione, dalla capacità di far lavorare i materiali. Dal peso che quel sapere occupa nella cultura generale.
Tutto questo allude al tema generale della diffusione del sapere scientifico nel nostro Paese. Un indizio significativo di un processo di modernizzazione zoppa, comunque incompiuta. Al minimo non risolto.
In breve. Anche in presenza di una qualità delle collezioni e del sistema espositivo, la domanda sul rapporto tra scienze, formazione di base, didattica delle scienze resta inevasa, anche in presenza di spazi espositivi organizzati. I musei non sono solo luoghi della conservazione, ma sistemi espositivi interattivi il cui scopo è agire sul piano della formazione e, soprattutto, favorire sia una formazione partecipata, sia trasmettere entusiasmo e passione. Due ingredienti scarsi, almeno per ora.
di
David Bidussa
fonte: il Riformista
09.10.07 17:02 - sezione
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