Ritorno al passato
Quante volte sognamo di poter tornare indietro nel tempo? Riabbracciare mio padre, rivedere il vecchio Chemise, bere una birra con Lena o suonare I've just seen a face con Vittorio. Sogni che restano nel mondo della fantasia e galleggiano, tornare indietro non si può. O quasi.
Oggi ho ricominciato a correre dopo una pausa abbastanza lunga (10 giorni) per capire qualcosa in più del ginocchio. E visto che volevo correre sullo sterrato, ho inforcato la Fixospicciola e ho pedalato per 15 minuti fino al vecchio XXV aprile, all'ombra del Monte Stella, unica altura (artificiale, è fatta coi detriti dei bombardamenti) di Milano, affettuosamente chiamata Montagnetta.
Ci ho fatto i salti in motorino da quindicenne, quando era un terreno incolto e fangoso, ci ho versato sudore sangue e lacrime da trenta-quarantenne alla ricerca dei 40 minuti sui 10mila, ci torno dieci anni dopo l'infortunio che mi impose di smettere.
Sarà la giornata fredda e limpida, sarà il mezzogiorno, saranno i colori dell'autunno, mi sono sentito esattamente quello di allora. Di cambiato in questi anni c'è poco o nulla, comprese le facce dei frequentatori, quei soliti cari tapascioni che conoscono ogni centimetro dei vialetti. Ci sono anche le cornacchie, quelle che io vidi arrivare all'improvviso poco dopo Chernobyl (ebbene sì, quando la nuvola arrivava io ero lì, a correre e sudare e respirare forte).
Ho cominciato in basso, poi, man mano che il tempo passava e le gambe si scaldavano ho cominciato a salire, anello dopo anello, fino a sotto il cocuzzolo. E lì, come un tempo, ho fatto le salite. Solo tre, sul fianco ripido fino alla cima, e poi giù dal sentiero. Stupendo, faticoso, inebriante.
Ho corso 49 minuti scarsi, percorrendo 6,86 km. Ovviamente la media è bassa, ma il GPS non lo sa che tu ti stai spaccando i polmoni sulla salita e registra impietoso il tuo moto orizzontale. Va bene così. Le due "frazioni" di Fixospicciola assommano a quasi 10 km e servono soprattutto a non correre sul cemento. Ovviamente il ginocchio sinistro è fresco come una rosa.
Considerazione: mentre correvo sul meraviglioso viale alto, sotto la volta di alberi color oro, coi passi attutiti da un letto soffice di foglie marrone, i pensieri se ne andavano per conto loro. Quando è arrivato il second wind ho sentito distintamente il mai abbastanza rimpianto Mastro Fabrizio che cantava: "Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d'obbedienza, fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza. Però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni".