Perché il papa non ama Roma
Iniziammo con Papa Giovanni Paolo II una consuetudine. Tutti noi amministratori del Lazio chiamati da lui in udienza, ascoltavamo le sue parole. Erano di solito parole di umanità, di buon senso, di invito alla solidarietà. Parole da capo spirituale. Ieri eravamo di fronte a qualcosa di diverso. Joseph Ratzinger si è comportato un po' da segretario di partito un po' da leader di azienda. Non ha parlato da guida spirituale alle nostre anime ma da capo politico. Così ci ha chiesto di dare più soldi alla sanità cattolica.
Forse anche lui ha visto i manifesti che per alcune settimane hanno coperto i muri delle città laziali dove l'associazione di categoria delle cliniche private attaccava frontalmente le politiche regionali con un inequivocabile: «La Regione Lazio abbandona i suoi malati». Oggi a pochi mesi di distanza il Pontefice fa loro da sponda e invoca più fondi per le cliniche private denunciando la «drammatica situazione» in cui versano gli ospedali religiosi. Le cose, in entrambi i casi, non stanno proprio così. Le ragioni che sono alla base di attacchi così veementi contro l'amministrazione regionale del Lazio sono sostanzialmente due. Da una parte la difesa di interessi particolaristici e di settore. Dall'altra, riconducibile comunque alla prima, la volontà di ridimensionare gli sforzi della Regione Lazio per un sanità pubblica più efficiente e più universalista. Era il 2005 quando la Giunta di centrodestra, guidata da Storace, consegnò all'attuale maggioranza le redini del governo del Lazio. Il disavanzo sanitario dichiarato, in occasione del passaggio di consegne, fu detto pari a 443 mln di euro. È stato necessario un lavoro di due anni per ricostruire la vera entità del debito accumulato. Anni in cui sono stati ricostruiti i bilanci di ogni singola Asl (per lungo tempo non consegnati), di ogni singola fattura per scoprire che l'entità di del debito era in realtà di circa 10 miliardi di euro. Sono seguite poi le inchieste della Procura di Roma, con gli arresti eccellenti di alcuni ex assessori della precedente Giunta nell'ambito del processo a Lady Asl, l'imprenditrice accusata di pagare tangenti a esponenti politici in cambio di accreditamenti di strutture sanitarie private. Oggi la Giunta del Lazio è impegnata in un piano di rientro dal debito. Uno sforzo straordinario che prevede la riorganizzazione dell'intero sistema sanitario finalizzato a ricondurre le spese entro i binari della normalità e a migliorare l'efficienza delle prestazioni erogate. Questo piano riguarda anche strutture come il Policlinico Gemelli e prevede la riduzione dei finanziamenti alle cliniche private. Non si tratta di discriminazione, dunque, ma di una scelta riconducibile al reale fabbisogno sanitario della Regione. Il messaggio di Benedetto XVI ha assunto il tenore di un monito alle amministrazioni locali, ossia non toccate i nostri affari. Noi invece vogliamo una sanità pubblica, efficiente, universale. Dal Papa mi sarei aspettato parole sulla salute delle persone e non sulla salute delle cliniche di sua proprietà.
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Luigi Neri - Assessore al bilancio, programmazione economico-finanziaria partecipazione della regione Lazio