Caso Aldovandi, altri misteri
«Due manganelli rotti e mancanti dalla scena del delitto. E ricomparsi il giorno dopo, puliti, nella sede della questura, per permettere all’agente della scientifica di repertarli. E ancora: la persona più alta in grado della questura di Ferrara presente in viale Ippodromo, il questore vicario Gennaro Sidero, che non avverte un pm. E neanche la famiglia di un ragazzo morto e identificato, nonostante i genitori continuino a chiamare sul cellulare del figlio.
Il medico legale che arriva dopo più di tre ore. Quarta udienza del processo Aldrovandi: la ricostruzione di cosa abbia effettivamente causato la morte di Federico, 18 anni, il 25 settembre 2005 durante un controllo di polizia, è ancora decisamente confusa. Ma, certo, ci sono molte cose che non sono andate secondo le regole quella mattina.
Alla sbarra per omicidio colposo ci sono i quattro agenti intervenuti in una via periferica dopo che alcuni abitanti della zona avevano segnalato in strada un ragazzo «molto agitato». Ma ieri in aula hanno virtualmente fatto la loro comparsa dirigenti della questura che, in qualche modo, non hanno seguito le procedure che un cittadino si aspetterebbe. E che, per la verità, hanno lasciato di stucco anche agenti esperti e navigati, come Nicola Solito, uno dei dirigenti della Digos di Ferrara, ieri chiamato a testimoniare dopo essere stato chiamato in causa dalla madre di Federico, Patrizia Aldrovandi».