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Alberto Biraghi
Baciare il principe
Non c'è una sola delle tante buone ragioni con le quali la sinistra
arcobaleno sta spiegando la mancata alleanza con il Pd alle prossime
elezioni politiche che non valga anche per le amministrative. A Roma,
ad esempio. Francesco Rutelli è stato nominato erede dal suo successore
Walter Veltroni come fosse una questione privata. Un'uscita talmente
priva di grazia che lo stesso Rutelli si è indispettito.
Si è preso una
settimana per fare un giro sugli autobus della città nella quale pur
abita e ha deciso di poter accettare. Non è escluso che abbia
incontrato anche qualche banchiere, qualche costruttore e qualche
prelato, non necessariamente in autobus.
Il modo in cui la sinistra sta
uscendo dalla non felice esperienza di governo somiglia a una fuga
all'inglese. Se una riflessione sarebbe chiedere troppo, magari qualche
parola su quel fallimento andrebbe detta: nascondersi dietro la
decisione di Veltroni di non riproporre l'alleanza è molto facile e
poco vero. La scelta è reciproca come dimostrano le scambievoli
cortesie di Veltroni e Bertinotti che si riconoscono a vicenda e si
assegnano le parti: il moderato buono per il governo e il radicale
buono per l'opposizione. Un'intesa tra gentiluomini che ha come
corollario un'incrollabile alleanza negli enti locali. Se ripresentarsi
uniti in parlamento sarebbe irresponsabile, come dicono sia il Pd che
la sinistra che pure governavano insieme venti giorni fa, nelle città
irresponsabile sarebbe andare ognuno per proprio conto. Ad esempio a
Roma. Come se il rischio di consegnare il comune alla destra, peraltro
scarso, fosse meno accettabile del rischio (la certezza?) di affidare
il paese a Berlusconi.
Liberare la politica dalle «alleanze coatte»,
ristabilire le distanze tra un partito democratico neocentrista e una
sinistra che vuole recuperare l'anima, e i voti, sono preoccupazioni
giuste se l'interlocutore si chiama Veltroni. Lo sono anche di più se
si chiama Rutelli. «Nu bello guaglione» disse di lui Romano Prodi, ma
non è per questo che vincerà a Roma. L'alleanza che sarà più utile al
futuro sindaco è di altro genere, è quella tra l'altare e il mattone
della quale è il perfetto candidato a fare da garante. Il cardinale
Ruini non è uscito di scena e Rutelli che con lui stabilì un'intesa
perfetta durante il Giubileo con gli anni è persino peggiorato. Il suo
capolavoro è stata la nomina di Paola Binetti a senatrice. Oltre a
tutte le uscite in sintonia con le gerarchie cattoliche. Avvenire già
lo festeggia.
Il modo in cui nemmeno la candidatura di Rutelli riesca a
mettere seriamente in discussione la pulsione all'accordo della
sinistra è un indizio di quanto pesino le aspirazioni delle
nomenclature locali nelle decisioni finali dei partiti. E' un punto
dolente della nostra democrazia e duole anche a sinistra. Il Vaticano
punta da sempre a governare la capitale per interposto sindaco, dunque
mettere tra parentesi la laicità sarebbe un mezzo suicidio e un serio
invito all'astensione. Rutelli non è un rospo ma non è detto che a
baciare il principe ci si guadagni.
NdR: Grazie Giovanna per la segnalazione.
di
Andrea Fabozzi
fonte: il manifesto