Laico, moderno, democratico, di sinistra
Ivan Scalfarotto è un amico carissimo, anzi anche di più. Ed è una persona in gamba e intelligente, è questo che continuo a stimarlo (che il voler bene non è mai messo in discussione, manco comparisse con la sciarpa verde della Lega) anche se ha deciso di impegnarsi per il partito-coacervo di interessi e trame oscure (ma non del tutto) che insiste a definirsi "democratico".
Ed è per questo che ascolto quello che dice e scrive, unico tra i possibili peones di ricambio del Piddì, produttori instancabili di parole vuote, luoghi comuni e ipocrisie. Tra le cose che ho ascoltato da Ivan, c'è quello che dice nel suo spot girato da Virzì, in cui definisce il Piddì con quattro aggettivi. Ci ho riflettuto un po' e dico la mia.
1) Laico. Uno dei mammasantissima più potenti, Massimo D'Alema, si è inginocchiato di fronte a Escrivà santincielo. La Binetti (agente mica tanto segreto della CEI) è stata cooptata in parlamento con annesso il cilicio. Veltroni è culo e camicia con Benedetto Ratzinger. Franceschini si sa come la pensa. Eccetera. Non uno dei personaggi di vertice sostiene con fermezza il principio di laicità dello stato. E tutta questa gente insiste nel consultare i vertici vaticani anche prima di andare a fare la pipì. Così si è attentato alla ricerca sulle staminali, così è morta la legge sui PACS, così ne moriranno infinite altre.
2) Moderno. I vertici del Piddì sono saturi di persone che hanno passato la vita nei ranghi. Mogli e portaborse, plurieletti, plurincaricati, pluriprivilegiati, in un minestrone borbonico che fa sembrare trasparente l'epoca dei governi Kossiga. Il ricambio non esiste. Si cooptano finti giovani lobotomizzati allevati nei Gulag partitodemocratici o carrieristi sfigati che si impegnano a premere il bottone a comando in cambio dell'autobblù. Poi si cerca di sdoganarli con qualche faccia per bene come quella di Ivan. Ma i ranghi restano, intoccabili e inamovibili, da decenni, sempre più inquartati nelle pieghe del potere. Giurando di essere "a servizio del Paese".
3) Democratico. Ivan è portatore di 27mila voti alle primarie e oggi probabilmente ne avrebbe molti di più. Per essere messo in una posizione di rincalzo ha dovuto aspettare una "petizione" dei suoi sostenitori in ginocchio davanti al reuccio. Il consenso vale un ficosecco, quel che conta è fedeltà e rango nel partito, cosicché i pupazzi come Maurizio Martina possono raggiungere l'Olimpo senza che nessuno li abbia mai sentiti nominare. Funziona così, tanti garantiti perché sono mammasantissima, tanti per maturare la pensione, tanti perché fedeli servitori, eccetera. Cosa c'è di democratico in un partito che ha sfruttato indegnamente una legge elettorale vergognosa, ben guardandosi dal modificarla quando aveva la possibilità di farlo? In un partito che accetta di partecipare alla spartizione del parlamento, alla faccia degli elettori e del senso di responsabilità?
4) Di sinistra. Veronesi, Colaninno e Calearo sono la punta di un iceberg liberista e cinico. I valori della sinistra sono ormai persi, il programma del Piddì è una fotocopia un po' paracula del programma della destra. I temi caldi sono la sicurezza (mai affrontata con le categorie di sinsitra - le politiche sociali - ma con quelle repressive alla bossifini). E ancora, l'idea che capitale e lavoratori siano dalla stessa parte, l'apertura al precariato come necessità, le strizzate d'occhio a chi attenta ai diritti delle minoranze, alla 194 e tra un po' anche al divorzio. Soprattutto, l'attribuzione continua della responsabilità della caduta di prodi alla cosiddetta "sinistra radicale", quando è noto che il terreno sotto i piedi del Professore è stato tolto dai centristi cattolici.
Per questo, io che sono uno dei 27mila che hanno avuto le palle per votare Ivan alle primarie dell'Ulivo anziché il Professore (che resta peraltro il premier dell'unico governo in cui mi sia riconosciuto nella mia vita, il Prodi 1), stavolta mi dovrò tirare indietro. Perché per contribuire col mio voto a far entrare Ivan, quindicesimo in lista, dovrei contribuire a regalare privilegi e stipendio da mandarino ad altri 14 che vengono prima di lui, ma che stimo più o meno quanto l'ing. Castelli. Chiedo scusa, ma non ho abbastanza fegato.